Il TAR Brescia chiarisce nuovamente che:
«0.3a Laddove la notificazione venga eseguita, come nel caso di specie, per mezzo del servizio postale, trova pacifica applicazione la disposizione di cui all’art. 149 comma 3 del c.p.c. (“La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna del plico all'ufficiale giudiziario …”), e anche la data di perfezionamento della notifica effettuata dall'avvocato per mezzo del servizio postale coincide con quella della consegna del plico all'Ufficio postale ai sensi dell'art. 3 della L. 53/94 (T.A.R. Lazio Roma, sez. II – 22/3/2016 n. 3580).
0.3b Il Consiglio di Stato (cfr. sentenza sez. IV – 12/2/2014 n. 672) ha, sul punto, sostenuto che “secondo l’indirizzo giurisprudenziale prevalente, dal quale questa Sezione non ravvisa motivo per discostarsi, gli effetti della citata sentenza della Corte costituzionale nr. 477 del 2002 si estendono anche alle notifiche effettuate direttamente dall’avvocato, ai sensi dell’art. 3 della legge nr. 53 del 2004 (cfr. Cass. civ., sez. II, 25 settembre 2002, nr. 13922; Cons. Stato, sez. VI, 13 aprile 2010, nr. 2055; Cons. Stato, sez. V, 9 marzo 2009, nr. 1365)”. E’ stato osservato che l’estensione della regola alla notificazione postale effettuata direttamente dagli Avvocati si rinviene nella legge n. 53 del 1994, in quanto l’art. 3 comma 3 della norma citata prevede che “Per il perfezionamento della notificazione e per tutto quanto non previsto dal presente articolo, si applicano, per quanto possibile, gli articoli 4 e seguenti della legge 20 novembre 1982, n. 890”, ovvero proprio le disposizioni su cui ha inciso direttamente la declaratoria di incostituzionalità di cui alla sentenza della Corte Costituzionale n. 477 del 2002 (T.A.R. Lazio Roma, sez. III – 13/7/2017 n. 8371) ».

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 1251 del 27 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Brescia chiarisce come la valutazione di compatibilità del PGT al PTCP sia esclusivamente preordinata a verificare, attraverso la mera comparazione del contenuto dei due piani, il rispetto del PTCP da parte del piano comunale di governo del territorio e non implichi profili di discrezionalità; deve, allora, concludersi che essa non si configuri come atto di indirizzo, ma tenda alla mera attuazione degli obiettivi della pianificazione provinciale, per il che è riconducibile alle attribuzioni dirigenziali.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 1231 del 20 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.

Si veda in argomento il precedente post.


Il Consiglio di Stato chiarisce che gli accordi conclusi ai sensi dell'art. 11 della legge n. 241/90 sono atti che l’amministrazione pone in essere con il consenso del privato, ma comunque soggetti al vincolo di perseguimento dell’interesse pubblico; infatti, gli accordi in discorso, essendo un’alternativa al provvedimento, non possono non partecipare della sua stessa natura; a differenza di quanto accade nelle fattispecie contrattuali, l’interesse affidato alla cura di una delle due parti, il soggetto pubblico, assume all’interno dell’accordo un ruolo del tutto differente rispetto a quello del privato: l’accordo deve essere stipulato “in ogni caso nel perseguimento dell’interesse pubblico”; in altri termini, la validità dell’accordo e la sua vincolatività sono subordinate alla compatibilità con l’interesse pubblico, il quale ne diviene così elemento definitorio.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 7212 del 24 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano, pur consapevole dell’esistenza di un contrasto giurisprudenziale in ordine alle conseguenze derivanti dalla mancata indicazione nell’offerta dei costi della manodopera, così come prevede il comma 10 dell’articolo 95 del D.Lgs. n. 50/2016, nondimeno ritiene allo stato di confermare l’orientamento già assunto dalla Sezione nelle sentenze n. 1855/2018 e n. 1870/2018, e pertanto riafferma che la mancata indicazione in offerta dei costi della manodopera per l’esecuzione del contratto ha effetti inevitabilmente escludenti, senza possibilità di ricorrere al rimedio del soccorso istruttorio non trattandosi della carenza di meri elementi formali della domanda di partecipazione, bensì di un elemento essenziale dell’offerta stessa.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2854 del 24 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo. Cfr. anche la sentenza TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1 del 3 gennaio 2019.


Il Consiglio di Stato aderisce all’orientamento secondo cui la verifica del comune in ordine al rispetto della disciplina privatistica deve essere circoscritta a quei limiti agevolmente conoscibili ovvero effettivamente conosciuti e non contestati; infatti, non è concretamente esigibile un approfondimento da parte del comune di ogni singolo aspetto privatistico relativo ai rapporti tra condomini e di vicinato astrattamente idoneo a riflettersi sulla legittimazione del richiedente il titolo edilizio (nella fattispecie è stato rilevato che il mancato rispetto della distanza dalla proprietà confinante ledeva anche un limite legale, da ritenersi, pertanto, un limite “agevolemente conoscibile” e dunque verificabile anche in sede amministrativa, da cui la legittimità del rilievo concernente il mancato assenso della proprietà confinante).

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 6860 del 3 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il TAR Milano chiarisce che, ad onta delle dichiarazioni rese dalle imprese partecipanti, la stazione appaltante conserva in ogni modo il potere di disporre l’esclusione delle offerte tecniche che di fatto non rispettano i requisiti minimi previsti dalla legge di gara, in quanto tali offerte configurano la presentazione di un prodotto che, ponendosi al di sotto degli “standard” minimi chiesti dall’amministrazione, realizza un vero e proprio “aliud pro alio”; la radicale mancanza di livelli essenziali dell’offerta tecnica non permette la valutazione della stessa e impone l’esclusione del concorrente per la sostanziale inidoneità dello stesso nei termini richiesti dalla stazione appaltante; non è necessario neppure che la sanzione espulsiva sia espressamente prevista dalla legge di gara giacché, essendo sufficiente il riscontro della difformità dell’offerta rispetto alle specifiche tecniche richieste dalla lex specialis, che abbiano per l’Amministrazione un valore essenziale; le caratteristiche minime essenziali devono, poi essere possedute al momento di presentazione dell’offerta, non essendo ammissibile che possa trovare accettazione da parte dell’amministrazione un bene privo di tali caratteristiche, seppure con l’impegno dell’offerente ad apportare gli adeguamenti necessari dopo l’eventuale aggiudicazione o prima dell’esecuzione del contratto d’appalto.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2844 del 24 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.

In argomento si veda anche la sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 7191 del 20 dicembre 2018 consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo e la sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 66 del 14 gennaio 2019 consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



La Commissione speciale del Consiglio di Stato ha reso il parere sulle Linee guida ANAC n. 4 - Procedure per l'affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici - Opere di urbanizzazione a scomputo.

Il Parere n. 2942/2018 del 24 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale di Giustizia Amministrativa. 



Il TAR Milano aderisce all’orientamento giurisprudenziale secondo il quale in caso di notifica ad un indirizzo PEC diverso da quello indicato nell’elenco tenuto dal Ministero della Giustizia di cui all’art. 16, comma 12, del D.L. n. 179/2012, va fatta applicazione dell’istituto dell’errore scusabile, rimettendo in termini il ricorrente.

L’ordinanza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 2837 del 22 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il Presidente del Consiglio di Stato ha disposto che a decorrere dal 1° gennaio 2019 la Seconda Sezione del Consiglio di Stato è trasformata da consultiva in giurisdizionale.
Alla Seconda Sezione giurisdizionale sono assegnati i ricorsi pendenti dinanzi alle quattro sezioni giurisdizionali depositati fino al 31 dicembre 2012, fatti salvi i ricorsi già assegnati ad udienza o per i quali sia stata già fissata una udienza alla data del 31 dicembre 2018, nonché quelli i cui giudizi sono sospesi o per i quali è stata disposta una istruttoria, anche in sede cautelare.



Il TAR Brescia chiarisce che la ricognizione dell’esistente è una fase essenziale della pianificazione che consiste in una operazione tecnica, e non giuridica, in quanto è preliminare alla qualificazione dei fabbricati e all’attribuzione dei diritti edificatori; i compilatori dello strumento urbanistico devono quindi segnalare graficamente qualsiasi fabbricato presente sul territorio, anche se privo di titolo o privo di consistenza materiale, in quanto ridotto allo stato di rudere; su questa base viene poi esercitata la discrezionalità dell’amministrazione nell’attribuzione dei diritti edificatori.
Per quanto riguarda i ruderi, il TAR Brescia precisa che i diritti edificatori utilizzati al momento della costruzione originaria rimangono incorporati nel suolo, e fanno parte del patrimonio del proprietario dell’area; la discrezionalità dell’amministrazione è quindi libera quando decide di espandere le facoltà edificatorie, ma incontra degli ostacoli quando si propone di cancellare la rilevanza giuridica dei ruderi, perché in questo secondo caso incide direttamente sulla consistenza del diritto di proprietà; affinché si possa conservare rilevanza giuridica ai ruderi è però necessario che sia individuabile in modo sufficientemente preciso l’immagine originaria del fabbricato; questo avviene normalmente quando sia possibile dedurre dalle strutture presenti il disegno complessivo dell’edificio, oppure quando, pur in assenza di strutture ancora integre, siano disponibili le planimetrie o le descrizioni dei luoghi inserite negli atti di accatastamento; le due fonti (referto di sopralluogo, scheda di accatastamento) possono anche combinarsi, fornendo ciascuna una parte delle informazioni su quanto edificato; in caso di contrasto, è applicabile per analogia la regola ex art. 950 c.c. sul carattere sussidiario, e dunque recessivo, dei dati catastali.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 1205 del 14 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano chiarisce che in ordine responsabilità precontrattuale – che trova fondamento normativo negli articoli 1337 e 1338 del codice civile – la giurisprudenza è ormai giunta alla conclusione della piena configurabilità della responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione, la quale è tenuta a rispettare non solo le norme di diritto pubblico che presiedono alla propria attività autoritativa, ma anche quelle dell’ordinamento civile sul comportamento secondo buona fede anche nel corso delle trattative volte alla stipulazione di un contratto; anche nelle procedure di evidenza pubblica trova spazio l’obbligo di comportamento secondo buona fede, per tutto lo svolgimento della procedura, e la violazione dell’obbligo può far sorgere una responsabilità risarcitoria anche in presenza di atti amministrativi legittimi.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2785 del 11 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Per il TAR Milano la sussistenza del requisito della mera vicinitas - in caso di impugnazione di titoli edilizi - non costituisce elemento sufficiente a comprovare la legittimazione a ricorrere e l'interesse al ricorso, occorrendo invece la positiva dimostrazione di un danno che attingerebbe la posizione di colui il quale insorge giudizialmente.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2742 del 5 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano, con riferimento a una previsione di PGT che dichiara incompatibile con la nuova destinazione dell’area l’attività di produzione di energia elettrica già in essere e pone forti limitazioni all’esercizio dello ius aedificandi, chiarisce che la disciplina urbanistica contenuta nel P.R.G. è destinata a svolgere i suoi effetti ordinatori e conformativi esclusivamente con riferimento all’edificazione futura e non anche all’edificazione esistente, a condizione che quest’ultima sia stata legittimamente realizzata; ne consegue che le opere già eseguite in conformità della disciplina previgente, conservano la loro precedente e legittima destinazione, senza che sia nemmeno possibile impedire gli interventi necessari per integrarne o mantenerne la funzione.
Aggiunge poi il TAR che in considerazione del favor del legislatore eurounitario per lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili e dei relativi impianti di produzione, che si traduce a livello statale nell’assenza di limitazioni specifiche alla localizzazione di siffatti impianti, deve escludersi che i Comuni possano, attraverso gli strumenti della pianificazione urbanistica, introdurre surrettiziamente divieti ulteriori, rispetto alle linee guida nazionali, all’insediamento degli impianti in questione.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2736 del 5 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Precisa il TAR Milano che l’istituto della perequazione ha quale propria finalità quella di evitare ingiusti trattamenti differenziati, esso presuppone che le situazioni di fatto su cui va ad incidere presentino caratteristiche analoghe; per questa ragione, i commi primo e secondo dell’articolo 11 della l.r. n. 12 del 2005 prevedono che la perequazione operi solo per gli ambiti soggetti a trasformazione; solamente quando le caratteristiche ontologiche dei suoli siano simili e tali da renderli tutti destinati all’edificazione, si rende necessario evitare che i diversi proprietari ricevano trattamenti differenziati; non è invece possibile perequare aree che abbiano caratteristiche ontologiche diverse, giacché in tal caso si creerebbero surrettizie forme di diseguaglianza.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2781 del 10 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano chiarisce che l’ordinamento comunitario è indifferente al nomen assegnato dall’ordinamento nazionale o dalle parti alla singola fattispecie e ciò impone di applicare i principi comunitari alle concessioni di beni pubblici di rilevanza economica, trattandosi di un modello di organizzazione e gestione del bene pubblico che comporta un’occasione di guadagno per i soggetti operanti sul mercato; si tratta in particolare dei principi di libertà di stabilimento (art. 49 TFUE ex articolo 43 del TCE), libertà di prestazione dei servizi (art. 56 TFUE ex articolo 49 del TCE), parità di trattamento e divieto di discriminazione in base alla nazionalità (artt. 49 e 56 TFUE), trasparenza e non discriminazione (art. 106 TFUE ex articolo 86 del TCE).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 2770 del 10 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano aderisce all’orientamento giurisprudenziale secondo il quale il mero interesse procedimentale, l'interesse alla correttezza della complessiva gestione del procedimento da parte dell'amministrazione secondo le regole che lo governano, si pone come situazione meramente strumentale alla tutela di una posizione di interesse legittimo; pertanto, esso non è risarcibile in sé, in quanto, diversamente opinando, si costruirebbe l'interesse legittimo come generica pretesa alla legittimità dell'azione amministrativa; infatti, il danno è risarcibile soltanto laddove esso consiste in un danno/evento ingiusto, tale essendo quello consistente nella lesione di un interesse meritevole di tutela da parte dell'ordinamento, che fonda la sussistenza di una posizione soggettiva; deve trattarsi di un danno che presuppone la titolarità di un interesse apprezzabile, differenziato, giuridicamente rilevante e meritevole di tutela e che inerisce al contenuto stesso della posizione sostanziale.
Aggiunge il TAR che la ritenuta sussistenza di una violazione di natura procedimentale impone alla parte di attivare diligentemente lo specifico rimedio impugnatorio così da determinare, in caso di fondatezza della domanda, la rinnovazione del procedimento; in difetto di proposizione di una tale domanda, deve escludersi, in base ad un giudizio ipotetico e non causale, che il danno possa rappresentare una effettiva perdita patrimoniale in quanto l’asserito danneggiato avrebbe potuto chiaramente evitarla proponendo l’azione sopra indicata.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2787 del 12 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il TAR Milano aderisce all’orientamento del Consiglio di Stato (Consiglio di Stato, Sez. II, parere 9.8.2016 n. 1794) che ha riconosciuto che, nel caso di superamento del termine di quarantacinque giorni fissato dall’art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004 per l’espressione del parere sulla compatibilità paesaggistica da parte della Soprintendenza, non si determina né la perdita del relativo potere, né alcuna ipotesi di silenzio qualificato o significativo; ben può, pertanto, il suddetto parere essere emesso tardivamente, anche in considerazione della rilevanza dei valori alla cui tutela la Soprintendenza è preposta; l’effetto che, in siffatta ipotesi, si produce è quello della prescindibilità dello stesso parere, con la conseguenza che la decisione viene rimessa alla esclusiva responsabilità dell’Ente territoriale.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2738 del 5 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato chiarisce che il permesso di costruire in sanatoria può legittimamente introdurre o recepire prescrizioni intese ad imporre correttivi sull'esistente o a mitigare l'impatto paesaggistico del manufatto sì da renderlo più coerente con il contesto ambientale, qualora si tratti di integrazioni minime o, comunque, tali da agevolare una sanatoria altrimenti non rilasciabile.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 6327 del 9 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano chiarisce che in caso di società in house pluripartecipata, ai fini del controllo analogo congiunto, non ogni singolo Comune deve poter individualmente condizionare tutti gli atti di portata generale della società in house, ma è sufficiente che gli Enti Comunali possano condizionare congiuntamente ogni atto fondamentale della partecipata, nonché vincolare individualmente, mediante poteri di veto, tutte le decisioni che hanno ricadute dirette sul rispettivo territorio.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2746 del 6 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Brescia con riferimento alla installazione di pannelli fotovoltaici in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, precisa che:
- la mera visibilità di pannelli fotovoltaici da punti di osservazione pubblici non configura ex se un’ipotesi di incompatibilità paesaggistica, in quanto la presenza di impianti fotovoltaici sulla sommità degli edifici – pur innovando la tipologia e morfologia della copertura – non è più percepita come fattore di disturbo visivo, bensì come un'evoluzione dello stile costruttivo accettata dall'ordinamento e dalla sensibilità collettiva;
- il favor legislativo per le fonti energetiche rinnovabili richiede di concentrare l'impedimento assoluto all'installazione di impianti fotovoltaici in zone sottoposte a vincolo paesistico unicamente nelle “aree non idonee” (in quanto tali, espressamente individuate), mentre negli altri casi, la compatibilità dell'impianto fotovoltaico con il suddetto vincolo deve essere esaminata tenendo conto del fatto che queste tecnologie sono ormai considerate elementi normali del paesaggio;
- la presenza di pannelli sulla sommità degli edifici non può più essere percepita soltanto come un fattore di disturbo visivo, ma anche come un'evoluzione dello stile costruttivo accettata dall'ordinamento e dalla sensibilità collettiva, purché non sia modificato l'assetto esteriore complessivo dell'area circostante, paesisticamente vincolata.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 1148 del 30 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.

In argomento si veda il precedente post.


Il TAR Milano chiarisce che la norma del comma 2 bis dell’art. 120 c.p.a. sull’onere di immediata impugnazione dell’ammissione deve essere interpretata restrittivamente, trattandosi di una ipotesi per così dire eccezionale, sicché il rito camerale c.d. superaccelerato non si applica in caso di esclusione dalla gara fondata su presupposti diversi da quelli soggettivi e, quindi, a seguito di estromissione disposta per carenza di elementi essenziali dell’offerta tecnica.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2691 del 29 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Milano, anche in sede d'interpretazione dell'atto amministrativo e, dunque, della legge di gara, sono applicabili i fondamentali principi ermeneutici del codice civile – ma aventi valenza generale che trascende la branca civilistica, assurgendo a principi fondamentali di esegesi della proposizione precettiva lato sensu intesa - per le quali le singole disposizioni di un provvedimento devono essere interpretate le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che deriva dal complesso dell'intero provvedimento (art. 1363 c.c.); utilizzando il principio di conservazione degli atti giuridici, e quindi interpretando le singole disposizioni in guisa da ricavarne un effetto (art. 1367 c.c.); infine, intendendole nel senso più appropriato alla natura dell'articolato (art. 1369 c.c.).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 2732 del 4 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Brescia, la mera condivisione delle aree a parcheggio, delle aree verdi, dei marciapiedi e della viabilità di accesso al lotto – per cui i consumatori, dopo la sosta nel parcheggio comune, possono raggiungere indifferentemente entrambe le strutture – non può essere ritenuta da sola sufficiente ad attestare la presenza di un centro commerciale in luogo di due medie strutture di vendita adiacenti.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 1158 del 4 dicembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano precisa che l’assoggettamento a piano attuativo delle aree con funzioni non residenziali non necessita di particolare motivazione e, con specifico riguardo al piano di lottizzazione, precisa che esso, al pari del piano particolareggiato, quale strumento urbanistico attuativo trovi applicazione anche in zone già parzialmente urbanizzate, laddove la nuova edificazione vada ad innestarsi su preesistenti opere di urbanizzazione non adeguate; ciò allo scopo di contribuire con il piano urbanistico di dettaglio, comportante nuove opere di urbanizzazione, alla riqualificazione complessiva degli insediamenti; la valutazione circa la congruità del grado di urbanizzazione è poi rimessa, in linea di principio, all'esclusivo apprezzamento discrezionale del Comune, afferendo alla discrezionalità tecnica della p.a. che, come tale, può essere sindacata solamente per palesi illogicità, errori o incongruità, nella specie insussistenti.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2704 del 30 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato ribadisce che il ricorso al soccorso istruttorio non si giustifica nei casi in cui confligge con il principio generale dell'autoresponsabilità dei concorrenti, in forza del quale ciascuno sopporta le conseguenze di eventuali errori commessi nella presentazione della documentazione, con la conseguenza che in presenza di una previsione chiara e dell'inosservanza di questa da parte di un concorrente (si tratti di gara o di altro tipo di concorso), l'invito alla integrazione costituirebbe una palese violazione del principio della par condicio, che verrebbe vulnerato dalla rimessione in termini, per mezzo della sanatoria di una documentazione incompleta o insufficiente ad attestare il possesso del requisito di partecipazione da parte del concorrente che non ha presentato, nei termini e con le modalità previste dalla lex specialis, una dichiarazione o documentazione conforme al bando.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Terza, n. 6752 del 28 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato, in sede di appello avverso una sentenza che ha definito sia il ricorso diretto contro l’ammissione dell’appellante sia quello rivolto nei confronti dell’aggiudicazione definitiva intervenuta successivamente, ritiene che nel descritto contesto il rito speciale c.d. “superaccelerato” di cui all'art. 120, commi 2-bis e 6-bis, c.p.a. che riguarda unicamente i ricorsi contro i provvedimenti di esclusione e ammissione, non trovi applicazione, atteso che il giudizio riguarda ormai l’intera gara conclusa con l’intervenuta aggiudicazione, per cui non sussiste più quell’esigenza di massima celerità nella definizione della controversia che sta alla base della previsione del rito in questione.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 6580 del 21 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Brescia chiarisce che l’esenzione dal contributo di costruzione per l’edificazione in area agricola necessita la presenza, contemporaneamente, di due condizioni, quali la qualifica di imprenditore agricolo in capo al costruttore e l’effettivo utilizzo a scopi agricoli dell’immobile; ne deriva che la novazione soggettiva tra un soggetto munito dei requisiti agevolatori e uno privo di essi deve essere considerata alla stregua di un mutamento di destinazione d’uso, in particolare in presenza di un concomitante venir meno della destinazione agricola dell’area; se, infatti, il cambio di destinazione dell’area non può, di per sé, giustificare la richiesta del pagamento del contributo, l’effettivo cambio di destinazione, in conformità con la nuova classificazione urbanistica non può che comportare la necessità di una richiesta di concessione in sanatoria e integrare il presupposto per la richiesta del versamento del relativo contributo concessorio.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Seconda, n. 1059 del 12 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Sul B.U.R.L., Supplemento n. 49 del 6 dicembre 2018, è pubblicata la legge regionale 4 dicembre 2018 n. 17 - Legge di revisione normativa e di semplificazione 2018.

Si segnalano per l’ambito territoriale i seguenti disposti:

Art. 25 
(Adeguamento dei regolamenti edilizi comunali) 
1. I comuni adeguano i propri regolamenti edilizi in base all’intesa stipulata ai sensi dell’articolo 4, comma 1 sexies, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n.380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (Testo A)), come recepita dalla Regione, i cui contenuti, ove incompatibili, prevalgono sulla disciplina prevista dall’articolo 28 della legge regionale 11 marzo 2005, n.12 (Legge per il governo del territorio).
Art. 26 
(Modifiche alla l.r. 31/2014) 
1. Alla legge regionale 28 novembre 2014, n.31 (Disposizioni per la riduzione del consumo di suolo e per la riqualificazione del suolo degradato) sono apportate le seguenti modifiche: 
a) l’ultimo periodo del comma 5 dell’articolo 5 è sostituito dal seguente: «Fino alla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione dell’avviso di approvazione dell’integrazione del PTR di cui al comma 1, la validità dei documenti di piano dei PGT comunali nel frattempo scaduti può essere prorogata, con deliberazione motivata del consiglio comunale, di dodici mesi successivi all’adeguamento della pianificazione provinciale e metropolitana di cui al comma 2, ferma restando la possibilità di applicare quanto previsto al comma 4.»; 
b) all’articolo 5, comma 5, dopo l’ultimo periodo è aggiunto il seguente: «In caso di annullamento integrale del PGT da parte dell’autorità giudiziaria, in deroga alle disposizioni regionali e per un massimo di trenta mesi dalla data del provvedimento giudiziario, previa deliberazione motivata del consiglio comunale, acquista efficacia l’ultimo strumento urbanistico previgente con l’esclusione degli ambiti ivi assoggettati a pianificazione attuativa; fino all’approvazione del nuovo strumento urbanistico, e comunque non oltre il predetto termine, i comuni possono apportare varianti unicamente per la realizzazione di opere pubbliche per il mezzo di atti di programmazione negoziata.». 
Art. 27 
(Modifica alla l.r. 12/2005) 
1. Al comma 1 dell’articolo 83 della legge regionale 11 marzo 2005, n.12 (Legge per il governo del territorio) le parole «cinquecento euro» sono sostituite dalle seguenti: «all’ottanta per cento del costo teorico di realizzazione delle opere e/o lavori abusivi desumibile dal relativo computo metrico estimativo e dai prezzi unitari risultanti dai listini della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura della provincia, in ogni caso, con la sanzione minima di cinquecento euro.».




Il Consiglio di Stato precisa che nel c.d. "confronto a coppie" ciascun singolo commissario di gara deve esprimere il proprio giudizio di preferenza variamente graduato espresso in forma lessicale che viene successivamente sommato a quello degli altri commissari, per formare la preferenza della commissione sull'offerta di ciascun concorrente; ciò posto rileva che, sotto il profilo dell’eccesso di potere, appare oltremodo singolare che i commissari diano per la quasi totalità punteggi identici; circostanza questa che può essere ritenuta credibile se vengono depositate le singole schede di giudizio dei singoli commissari ovvero i record informatici dei file contenenti le singole valutazioni.
Il Consiglio di Stato giunge, quindi, a concordare con il primo giudice quando ricorda che la straordinaria e del tutto inusuale coincidenza dei voti numerici attribuiti dai 3 commissari nel caso di specie depone, secondo l’id quod plerumque accidit, per un avvenuto dibattito collegiale tra i medesimi e per l’espressione di valutazioni finali che sono appunto il frutto di tale confronto e mediazione collegiale tra loro; in sostanza, le valutazioni non appaiono realmente il frutto di giudizi individuali e autonomi dei singoli componenti della commissione il che, sotto il profilo dell’eccesso di potere per sviamento, fa sospettare che illegittimamente i singoli giudizi possano essere stati di tipo collegiale.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Terza, n. 6439 del 15 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano ribadisce che la qualifica di pertinenza urbanistico-edilizia è applicabile soltanto a opere di modestissima entità e accessorie rispetto a un'opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici e simili, ma non anche a opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si caratterizzano per una propria autonomia rispetto all'opera cosiddetta principale e non sono coessenziali alla stessa, sì da risultarne possibile una diversa e autonoma utilizzazione economica; a differenza della nozione civilistica di pertinenza, ai fini urbanistico - edilizi un manufatto può essere considerato una pertinenza quando è non solo preordinato a una esigenza oggettiva dell'edificio principale ed è inserito funzionalmente al suo servizio, ma è anche sfornito di un autonomo valore di mercato e non incidente sul "carico urbanistico" mediante la creazione di un "nuovo volume".

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2488 del 5 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Brescia precisa che al fine di poter stabilire se una strada interpoderale sia pubblica oppure privata non rileva il fatto che la stessa risulti inserita negli elenchi delle strade vicinali, poiché l’iscrizione non ha valore costitutivo, ma soltanto dichiarativo, consentendo soltanto di presumere che la strada sia pubblica, ma senza darne la certezza.
Aggiunge il TAR che il riconoscimento della natura pubblica della strada, dipende, invece, dalla coesistenza effettiva di tre condizioni, quali:
1. il passaggio esercitato iure servitutis pubblicae da una collettività di persone qualificate dall’appartenenza ad un gruppo territoriale;
2. la concreta idoneità del bene a soddisfare esigenze di carattere generale, anche per il collegamento con la pubblica via;
3. un titolo valido a sorreggere l’affermazione del diritto di uso pubblico, che può anche identificarsi nella protrazione dell’uso da tempo immemorabile.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Seconda, n. 1132 del 29 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano precisa che la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico costituisce una decisione normalmente ancorata, nei limiti previsti dall’ordinamento, a valutazioni di carattere tecnico-economico; in tali ambiti, il concreto esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione circa la ripartizione dei lotti da conferire mediante gara pubblica deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto e resta delimitato, oltre che dalle specifiche norme del codice dei contratti, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza; in definitiva, la scelta della stazione appaltante se suddividere o meno l’appalto in più lotti e, a maggior ragione, la scelta di cosa inserire nel singolo lotto non è suscettibile di essere censurata per ragioni di mera opportunità, ma solamente per vizi sintomatici di eccesso di potere, nelle forme della carenza dell’istruttoria, della irragionevolezza e non proporzionalità.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2688 del 29 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Si segnala che l’art. 15, comma 1 bis, del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 (in Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n. 231 del 4 ottobre 2018), coordinato con la legge di conversione 1º dicembre 2018, n. 132 (in Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n. 281 del 3 dicembre 2018), recante: «Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità», così dispone:
All'articolo 7, comma 4, del decreto-legge 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197, le parole: «e sino al 1º gennaio 2019» sono soppresse”.
Per effetto di tale soppressione l'articolo 7, comma 4, del decreto-legge 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197, così oggi recita:
4. A decorrere dal 1° gennaio 2017 per i giudizi introdotti con i ricorsi depositati, in primo o in secondo grado, con modalità telematiche deve essere depositata almeno una copia cartacea del ricorso e degli scritti difensivi, con l'attestazione di conformità al relativo deposito telematico".
L'obbligo di depositare almeno una copia cartacea del ricorso e degli scritti difensivi, con l'attestazione di conformità al relativo deposito telematico, è ora senza limiti temporali.


Il Consiglio di Stato precisa che ai fini della individuazione del mutamento di destinazione d’uso che causa, in ragione del passaggio ad una diversa categoria funzionale, l’aumento del contributo di costruzione (oneri di urbanizzazione e costo di costruzione), non può prescindersi dalla valutazione dell’utilizzo in concreto dell’immobile e, nel caso in cui questo svolga una funzione servente per un diverso immobile, della natura e della destinazione d’uso di quest’ultimo; un magazzino può determinare, pertanto, un differente carico urbanistico se è funzionale all’esercizio di attività produttiva, venendo utilizzato per la gestione di materiali derivanti da un fabbricato industriale, ovvero se è strumentale all’esercizio di attività commerciale, fungendo da deposito di prodotti finiti pronti per essere immessi nel mercato.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 6388 del 13 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Precisa il TAR Milano che il mancato deposito dell’avviso di ricevimento determina l’inesistenza della notificazione e ne preclude la rinnovazione, con la conseguente impossibilità, in mancanza di costituzione della parte intimata, di stabilire la reale ed effettiva instaurazione del contraddittorio, il che conduce alla declaratoria di inammissibilità del gravame.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2628 del 21 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato chiarisce che in caso di impugnazione di una gara di appalto svolta in forma aggregata da un soggetto per conto e nell’interesse anche di altri enti:
- deve farsi applicazione dell'art. 41 c.p.a., comma 2, per cui il ricorso deve essere notificato esclusivamente alla pubblica amministrazione che ha emesso l’atto impugnato, per cui deve escludersi che l'atto introduttivo del giudizio debba essere notificato anche ad amministrazioni od enti che a diverso titolo abbiano avuto modo di partecipare al procedimento;
- invece la legittimazione passiva riguarda tutte le amministrazioni interessate al procedimento solo quando l'atto finale sia effettivamente imputabile a più amministrazioni, come accade per gli atti di concerto o come può verificarsi per gli accordi di programma;
- per converso, le partecipazioni al procedimento giuridicamente qualificate (come quelle concernenti il potere di iniziativa o di proposta, la partecipazione all'intesa che abbia preceduto l'adozione del provvedimento finale, ovvero gli atti preparatori) non sono idonee ad estendere la veste di parte necessaria a soggetti diversi dall'autorità emanante.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Terza, n. 6439 del 15 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Brescia il decreto di esproprio pronunciato al di là dei termini della dichiarazione di pubblica utilità non può considerarsi nullo, ma deve qualificarsi come illegittimo, con conseguente necessità d’impugnazione entro i termini di decadenza.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Seconda, n. 1130 del 29 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


La Corte di cassazione civile precisa che la c.d. cessione di cubatura presuppone il perfezionamento di un accordo con il quale una parte (il proprietario cedente) si impegna a prestare il proprio consenso affinchè la cubatura (o una parte di essa) che gli compete in base agli strumenti urbanistici venga attribuita dalla P.A. al proprietario del fondo vicino (cessionario), compreso nella stessa zona urbanistica, cosi consentendogli di chiedere e ottenere una concessione per la costruzione di un immobile di volume maggiore di quello cui avrebbe avuto altrimenti diritto; il trasferimento di cubatura tra le parti e nei confronti dei terzi consegue, tuttavia, esclusivamente al provvedimento concessorio, discrezionale e non vincolato che, a seguito della rinuncia all'utilizzazione della volumetria manifestata al Comune dal cedente, aderendo al progetto edilizio presentato dal cessionario, può essere emanato dall'ente pubblico a favore del cessionario; tale accordo ha un'efficacia meramente obbligatoria tra i suoi sottoscrittori e non è, quindi, configurabile come un contratto traslativo (e, tanto meno, costitutivo) di un diritto reale opponibile ai terzi.

La sentenza della Corte di Cassazione, Sezioni Seconda civile n. 24948 del 10 ottobre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Corte di Cassazione, Sezione SentenzeWeb, al seguente indirizzo.


La Corte di Giustizia UE, in ordine alla possibilità di impugnare gli atti di una procedura di gara da parte di operatori economici che non abbiano presentato domanda di partecipazione alla gara stessa, statuisce quanto segue:
«Sia l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, sia l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni, come modificata dalla direttiva 2007/66, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che non consente agli operatori economici di proporre un ricorso contro le decisioni dell’amministrazione aggiudicatrice relative a una procedura d’appalto alla quale essi hanno deciso di non partecipare poiché la normativa applicabile a tale procedura rendeva molto improbabile che fosse loro aggiudicato l’appalto in questione».

La sentenza della Corte di Giustizia UE, Terza Sezione, del 28 novembre 2018 (causa C-328/17)  è consultabile sul sito della Corte di Giustizia al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato precisa che se in sede giurisdizionale il concorrente classificatosi al secondo posto deduce l’inattendibilità dell’offerta anomala per aspetti non specificatamente presi in considerazione dalla stazione appaltante, legittimamente l’aggiudicataria può difendersi in giudizio provvedendo a giustificare tali voci in sede processuale e, di conseguenza, il giudice è tenuto a pronunciare anche su tali aspetti in base al principio dell’art. 112 c.p.c.; in pratica, l’introduzione di ulteriori elementi di giustificazione dell’offerta, rispetto a quelli oggetto della richiesta di chiarimenti della stazione appaltante – della quale l’appellante lamenta l’inammissibilità – discende proprio dalla tecnica difensiva utilizzata dalla ricorrente nel presente giudizio.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Terza, n. 6430 del 14 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


La Corte di Cassazione esamina il contenuto dell’art. 879 c.c. e così statuisce:
«2.2. L'art. 879, secondo comma, c.c. prevede che “Alle costruzioni che si fanno in confine con le piazze e le vie pubbliche non si applicano le norme relative alle distanze, ma devono osservarsi le leggi e i regolamenti che le riguardano".
La sentenza impugnata ha affermato, con valutazione non censurabile (né specificamente censurata) in questa sede, che l'area sulla quale si affaccia il fabbricato dei ricorrenti ( ...) vada classificata come "via pubblica", alla stregua della presunzione di demanialità ex art. 22, all. F, legge n. 2248/1865, rimasta insuperata in giudizio. Tuttavia, nonostante tale qualificazione - che condurrebbe ad escludere l'applicazione della disciplina relativa alle distanze, in base a quanto disposto dalla prima parte del secondo comma dell'art. 879 c.c. (per il quale, come detto, "alle costruzioni che si fanno in confine con le piazze e le vie pubbliche non si applicano le norme relative alle distanze") -, la Corte di merito giunge a ritenere applicabile la disciplina del D.M. n. 1444/1968 e, con essa, la previsione delle distanze, attraverso il tramite del Regolamento edilizio locale del 1983, pervenendo a tale conclusione attraverso il richiamo generale che il menzionato secondo comma dell'art. 879 c.c. fa alla regola dell'osservanza, comunque, "delle leggi e dei regolamenti che le riguardano", tra cui appunto quelle del D.M. n.1444/1968.
Con ciò - data siffatta interpretazione del secondo comma dell'art. 879 c.c. - la regolazione delle distanze relativamente all'area pubblica non sarebbe a sua volta impedita nella fattispecie dal testo dell'art. 9 del citato D.M. n. 1444/1968 che stabilisce le distanze minime tra fabbricati, anche per quelli "tra i quali siano interposte Strade destinate al traffico di veicoli", ma "con esclusione della viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti". Sicché, secondo la pronuncia impugnata, l'eccezione relativa alla viabilità a fondo cieco, nella specie al "vicolo", non significherebbe che le distanze tra fabbricati indicate nel citato D.M. non trovino applicazione in dette aree chiuse, bensì soltanto che non avrebbero applicazione le maggiorazioni delle distanze, poste dall'art. 9 in rapporto proporzionale con la larghezza della strada destinata al traffico veicolare, ma resterebbe pur sempre applicabile la regolazione generale della distanza minima di metri 10.
2.3. - Questo Collegio ritiene che le argomentazioni, poste dalla Corte di merito a sostegno della sentenza impugnata, non siano condivisibili.
Ciò, in primo luogo, in ragione del recupero della regolazione delle distanze tramite la enfatizzazione della formula generale dell'ultima parte del secondo comma dell'art. 879 c.c. con la conseguenza che, alla stregua di questa interpretazione (contrastante con gli ordinari canoni di logica ermeneutica e, dunque, con l'art. 12 delle preleggi), si verifica un effetto palesemente distorto, per cui la medesima disposizione finisce contemporaneamente per negare (comma secondo, prima parte) e per affermare (comma secondo parte seconda) l'applicabilità delle norme sulle distanze. Laddove, si deve affermare che la parte prescrittiva che rinvia alle "leggi e regolamenti" intenda piuttosto riferirsi alla disciplina (riguardante non già le "distanze" bensì i "fabbricati") che non interferisce con la tutela del codice civile, inoperante, quanto alle distanze, rispetto alle pubbliche strade e piazze.
In merito, va richiamato il principio secondo cui l'esonero dal rispetto delle distanze legali previsto dall'art. 879 c.c., comma 2, per le costruzioni a confine con le piazze e vie pubbliche (che va riferito anche alle costruzioni a confine delle strade di proprietà privata gravate da servitù pubbliche di passaggio, come nella specie, giacché il carattere pubblico della strada, rilevante ai fini dell'applicazione della norma citata) attiene più che alla proprietà del bene, all'uso concreto di esso da parte della collettività (Cass. n. 6006 del 2008; cfr. anche Cass. n. 5172 del 1997; Cass. n. 2463 del 1990; Cass. n. 307 del 1982).
Sicché - tale essendo la medesima esigenza di provvedere all'interesse pubblico all'assetto viario ed alla circolazione urbana che se ne serve - non si ravvisa la ratio sottesa alla diversa 11\ disciplina nella stessa materia concernente le distanze, nell'un caso derogandone la imposizione, nel secondo caso estendendone l'imposizione. Il quale effetto si verifica altresì in quanto la esclusione della viabilità a fondo cieco, presente nell'art. 9 D.M. 1444/1968, viene confinata alle sole maggiorazioni delle distanze tra fabbricati che sono poste nello stesso articolo, giacché tale interpretazione riduttiva (al di là della sua collocazione contestuale riferita alle "maggiorazioni") finisce per determinare, nuovamente, causa di frizione logica, nel predicare allo stesso tempo un esonero ed una applicazione di una regola di distanza, che possono elidersi reciprocamente».

La sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Seconda civile, n. 27364 del 29 ottobre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Corte di Cassazione, Sezione SentenzeWeb.


Il TAR Brescia ritiene che la capacità produttiva indicata nel decreto di AIA non abbia un semplice valore descrittivo, ma, in mancanza di precisazioni in senso contrario, costituisca un vincolo per l’attività dell’impresa; più precisamente, si tratta di un dato che deve essere necessariamente inserito nella domanda di AIA e concorre, con le altre informazioni, a definire le conseguenze potenziali dell’impianto sull'ambiente e sulla salute umana; l’AIA non si limita a fissare le soglie massime delle emissioni di inquinanti, lasciando poi libero l’imprenditore di organizzare i fattori di produzione nel modo più conveniente, ma certifica che il rispetto delle suddette soglie è assicurato solo all’interno di uno specifico modello di produzione, dove sono noti a priori i quantitativi di materiale in ingresso e in uscita.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Prima, n. 1060 del 13 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il Consiglio di Stato la mancanza dell’autorizzazione paesaggistica in ordine all’intervento di demolizione determina l’illegittimità derivata di quella adottata con riferimento all’intervento di ricostruzione, nonché del permesso di costruire, in quanto rilasciato sulla base di un presupposto errato.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 5945 del 17 ottobre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano dichiara inammissibile per difetto di interesse a ricorrere un ricorso avverso la classificazione ad area agricola impressa da un PGT in quanto, stante l’inserimento di detta area in un più ampio ambito destinato all’attività agricola di interesse strategico secondo le Norme Tecniche del PTCP, deve escludersi che il Comune avesse la potestà di assegnare al fondo della ricorrente una destinazione urbanistica diversa da quella assegnata dal PTCP e, di conseguenza, la ricorrente non potrebbe ottenere alcun vantaggio dall’accoglimento del ricorso.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2622 del 21 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato precisa che se è vero che la "piena conoscenza" cui fa riferimento l'art. 41, comma 2, c.p.a. non può essere intesa quale conoscenza integrale dell'atto, è altrettanto vero che la stessa, per essere idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione, presuppone la consapevolezza non solo dell’esistenza dello stesso, ma altresì della sua portata illegittimamente lesiva e quindi del suo contenuto essenziale; in altre parole, è essenziale che la conoscenza effettiva dell’atto non copra solo la sua portata lesiva dell’interesse del ricorrente, ma deve includere anche quegli aspetti tali da poter valutare il provvedimento, non solo svantaggioso, ma illegittimamente sfavorevole; pertanto, la conoscenza dell’effettivo lesivo implica la conoscenza del contenuto dell’atto, così da poterne percepire gli eventuali vizi (nel caso di specie, il ricorrente attraverso un’istanza di accesso riferito a un permesso di costruire in sanatoria ha mostrato solo di conoscere l’esistenza del titolo edilizio, manifestando l’interesse a conoscerne il contenuto, in qualità di confinante, come specificato nell’istanza stessa; mentre la percezione dell’effetto lesivo e della sua supposta illegittimità si è avuta solo con la successiva cognizione del contenuto dell’atto).

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 6335 del 9 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano aderisce all’orientamento giurisprudenziale che riconosce la vigenza nel sistema giuridico di un principio generale di divieto di abuso del diritto, inteso come categoria diffusa nella quale rientra ogni ipotesi in cui un diritto cessa di ricevere tutela, poiché esercitato al di fuori dei limiti stabiliti dalla legge; orientamento che correla la tematica dell’abuso del diritto a quella della buona fede, quest’ultima intesa come criterio per stabilire un limite alle pretese e ai poteri del titolare di un diritto.
Secondo il TAR Milano, espressione dell’abusivo esercizio di un potere, anche processuale, qual è quello di dedurre argomenti difensivi per formulare eccezioni di merito, è la sua contraddittorietà con precedenti comportamenti tenuti dal medesimo soggetto, in violazione del divieto generale di venire contra factum proprium (nella fattispecie, l’aggiudicataria di un appalto, dopo aver tenuto comportamenti oggettivamente, alla luce del canone ermeneutico della buona fede, espressivi dell’intenzione di aderire alla richiesta della stazione appaltante di produrre il contratto di avvalimento, quale unico titolo cui correlare la disponibilità di un progettista, indispensabile ai fini della partecipazione alla gara per un appalto integrato, ha utilizzato successivamente, in modo strumentale, il potere di sollevare eccezioni, negando la necessità di utilizzare l’istituto dell’avvalimento, che pure ha impiegato nel corso della gara senza sollevare alcuna obiezione a fronte del soccorso istruttorio esercitato dalla stazione appaltante).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 2603 del 19 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato precisa che il principio di alternatività fra il ricorso straordinario e il ricorso giurisdizionale ha una valenza ampia e deve operare tra ricorsi proposti dal medesimo soggetto e oggettivamente connessi o allorquando tra i diversi provvedimenti impugnati esista un rapporto di presupposizione, pregiudizialità, dipendenza; tale principio trova applicazione non solo nei casi di identità formale dei provvedimenti impugnati in sede di ricorso giurisdizionale davanti al giudice amministrativo e di ricorso straordinario al Capo dello Stato, ma anche nel caso di impugnazione di atti formalmente distinti, ma direttamente consequenziali, e comunque quando le controversie siano connotate da un’obiettiva identità di petitum e di causa petendi; la ratio delle norme che regolano il principio di alternatività non risponde, invero, alla tutela dei privati bensì della giurisdizione avendo lo scopo di evitare il rischio di due decisioni contrastanti sulla medesima controversia; tale regola deve trovare applicazione anche nel caso di due impugnative rivolte dal medesimo soggetto avverso punti diversi dello stesso atto oppure quando si tratta di atti distinti, ma legati tra loro da un nesso di presupposizione.

Il parere del Consiglio di Stato, Sezione Seconda, n. 2635/2018 del 14 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Precisa il TAR Milano che è necessaria la ripubblicazione del piano solo nell’ipotesi di rielaborazione complessiva, cioè quando fra la fase di adozione e quella di approvazione siano intervenuti mutamenti tali da determinare un cambiamento radicale delle caratteristiche essenziali del piano e dei criteri che presiedono alla sua impostazione; non si configura, invece, una rielaborazione complessiva del piano quando in sede di approvazione vengono introdotte modifiche che riguardano la disciplina di singole aree o singoli gruppi di aree.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2593 del 16 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Brescia precisa che la rituale riassunzione del giudizio nel termine di tre mesi decorrenti dal passaggio in giudicato della prima sentenza, benché astrattamente idonea alla conservazione degli effetti sostanziali e processuali dell'originaria domanda, non impedisce al giudice amministrativo di verificare se l'originaria pretesa, azionata per errore dinanzi al giudice ordinario, sia stata proposta entro il termine di decadenza; la riassunzione del giudizio avanti il giudice titolare della giurisdizione non può che fare salvi gli effetti sostanziali e processuali che la domanda avrebbe prodotto se il giudice di cui è stata dichiarata la giurisdizione fosse stato adito fin dall’instaurazione del primo giudizio, ciò però non può sostenersi con riferimento alla tempestività del ricorso.

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Sezione Seconda, n. 1064 del 14 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano precisa che l’obbligo di provvedere può discendere non solo da puntuali previsioni legislative o regolamentari ma anche dalla peculiarità della fattispecie, nella quale ragioni di giustizia o equità impongano l’adozione di provvedimenti espliciti, alla stregua del generale dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, ai sensi dell’art. 97 Cost., con conseguente sorgere in capo al privato di una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni amministrative, quali che esse siano.
Il TAR ritiene, quindi, fondata la domanda giudiziale del ricorrente diretta a far dichiarare l’illegittimità del silenzio serbato da un comune sull’istanza volta all’adozione degli atti necessari per la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e rileva che nella fattispecie, per lo stabile collegamento territoriale tra l’istante e l’area che beneficerebbe della strada, la richiesta si presenta giustificata dalla posizione differenziata del privato e dalla qualificata aspettativa dello stesso a vedere realizzate in loco le prescritte opere di urbanizzazione primaria.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2525 del 8 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Precisa il Consiglio di Stato che per aversi una pergotenda (e come tale rientrante nell’edilizia libera) occorrere che l’opera principale sia costituita non dalla struttura in sé, ma dalla tenda, quale elemento di protezione dal sole o dagli agenti atmosferici, con la conseguenza che la struttura deve qualificarsi in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della tenda (nella fattispecie è stata esclusa la natura di pergotenda a un struttura con travetti lignei di una certa consistenza che sorreggono una tenda, struttura che può essere senz’altro definita solida e permanente e, soprattutto, tale da determinare una evidente variazione di sagoma e prospetto dell’edificio e da rendere elemento principale non la tenda sorretta dalla struttura in travi di legno, bensì quest’ultima).

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 5737 del 5 ottobre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 264 del 13 novembre 2018 la delibera del Consiglio dell’Autorità di ANAC n. 907 del 24 ottobre 2018, con la quale sono state approvate le Linee guida n. 12 sull'affidamento dei servizi legali.

Per il testo si rinvia al precedente post


Il TAR Milano dichiara inammissibile un ricorso cumulativo con cui è stata impugnata l’esclusione (con motivazioni in parte diverse) da più lotti, sollevando censure in parte diverse, e rileva che il cumulo di azioni è ammissibile solo a condizione che le domande si basino sugli stessi presupposti di fatto o di diritto e/o siano riconducibili nell’ambito del medesimo rapporto o di un’unica sequenza procedimentale.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2514 del 6 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il TAR Milano ribadisce che per la reiterazione del vincolo è necessaria una motivazione congrua che valuti l’interesse dell’amministrazione alla continuazione del vincolo unitamente a quello del privato al pieno godimento del proprio bene, alla luce anche del tempo trascorso dalla prima imposizione e quindi della durata complessiva del vincolo.
Il TAR Milano ritiene quindi illegittima una previsione di vincolo – alla quale non ha fatto peraltro seguito alcun provvedimento attuativo o esecutivo – reiterata dal Comune con un generico richiamo alla necessità di realizzare l’opera pubblica, in mancanza dell’esplicitazione delle specifiche ragioni della scelta dell’amministrazione.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2539 del 9 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il Consiglio di Stato si pronuncia in sede consultiva sulla richiesta di parere della Regione Piemonte in merito alla possibilità per una società in house providing, costituita ai sensi dell’art. 5 della legge della Regione Piemonte 11 luglio 2016, n. 14, di ricevere affidamenti diretti dall’Amministrazione regionale, pur acquisendo partecipazioni private, purché nel limite di un terzo del capitale sociale e senza riconoscimento di nessun potere di veto né di influenza dominante.

Il parere del Consiglio di Stato, Sezione Prima, numero 02583/2018 del 8 novembre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


La Corte di Giustizia UE, con riferimento ad un progetto di una strada che attraversa due siti Natura 2000, esamina la domanda di pronuncia pregiudiziale che verte sull’interpretazione della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche nonché della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, e così statuisce:

«1) L’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, deve essere interpretato nel senso che un’«opportuna valutazione» deve, da un lato, censire la totalità dei tipi di habitat e delle specie per i quali un sito è protetto, nonché, dall’altro, individuare ed esaminare tanto l’impatto del progetto proposto sulle specie presenti su detto sito, e per le quali quest’ultimo non è stato registrato, quanto quello sui tipi di habitat e le specie situati al di fuori dei confini del suddetto sito, laddove tale impatto possa pregiudicare gli obiettivi di conservazione del sito.
2) L’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43 deve essere interpretato nel senso che esso consente all’autorità competente di autorizzare un piano o un progetto che lascia il committente libero di determinare successivamente taluni parametri relativi alla fase di costruzione, quali l’ubicazione dei cantieri e le vie di trasporto, solo se è certo che l’autorizzazione stabilisce condizioni sufficientemente rigorose che garantiscano che tali parametri non pregiudicheranno l’integrità del sito. 
3) L’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43 deve essere interpretato nel senso che, quando l’autorità competente respinge le conclusioni di una perizia scientifica che raccomanda l’acquisizione di informazioni supplementari, l’«opportuna valutazione» deve contenere una motivazione esplicita e dettagliata, atta a dissipare ogni ragionevole dubbio scientifico in ordine agli effetti dei lavori previsti sul sito interessato. 
4) L’articolo 5, paragrafi 1 e 3, nonché l’allegato IV della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati devono essere interpretati nel senso che impongono al committente di fornire informazioni che esaminino esplicitamente l’impatto significativo del suo progetto su tutte le specie individuate nella dichiarazione fornita in applicazione di tali disposizioni. 
5) L’articolo 5, paragrafo 3, lettera d), della direttiva 2011/92 deve essere interpretato nel senso che il committente deve fornire informazioni relative all’impatto ambientale tanto della soluzione prescelta quanto di ciascuna delle principali alternative da lui prese in esame, nonché le ragioni della sua scelta, sotto il profilo, perlomeno, del loro impatto sull’ambiente, anche in caso di rigetto, in una fase iniziale, di tale alternativa».

La sentenza della Seconda Sezione del 7 novembre 2018 (causa C-461/17) della Corte di Giustizia UE è consultabile sul sito della Corte di Giustizia al seguente indirizzo.


Il TAR Milano, esaminando il procedimento sanzionatorio promosso dall'Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas (AEEG), ritiene che non possa ritenersi necessariamente sussistente una “presunzione generale di legittimità” degli atti emessi oltre il termine previsto per la conclusione del procedimento, poiché l’arco temporale in cui le attività sono svolte misura la qualità dell’azione amministrativa, in relazione allo specifico profilo dell’efficienza della stessa azione amministrativa e del principio di certezza della sanzione.
Precisa il TAR Milano che è ragionevole il tempo occorso ai fini dell’acquisizione e della delibazione degli elementi necessari allo scopo della determinazione della sanzione e al fine di garantire il diritto di difesa dell’interessato; il superamento del termine diviene, quindi, di per sé illegittimo quando il tempo non è più funzionale alle due esigenze sopra indicate.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2455 del 31 ottobre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo. Cfr. anche le sentenze del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n.ri 2456 e 2458 del 31 ottobre 2018.


Il Consiglio di Stato precisa che né il codice dei contratti pubblici del 2006 né quello del 2016 consentono di rinvenire elementi per pervenire all’affermazione che debba imporsi all’offerente di impugnare immediatamente la clausola del bando che prevede il criterio di aggiudicazione, ove la ritenga errata; versandosi nello stato iniziale della procedura, l'onere di immediata impugnativa imporrebbe all’offerente di denunciare la clausola del bando sulla scorta della preconizzazione di una futura e ipotetica lesione, per tutelare un interesse (strumentale alla riedizione della gara), subordinato rispetto all’interesse primario (quello a rendersi aggiudicatario) del quale non sarebbe certa la non realizzabilità.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 6040 del 24 ottobre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano aderisce all’orientamento giurisprudenziale secondo il quale, al di fuori dei casi in cui il margine positivo risulti pari a zero, non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l'offerta deve essere considerata anomala, poiché anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo, sia per la prosecuzione in sé dell’attività lavorativa, sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l’impresa dall’essere aggiudicataria e aver portato a termine un appalto pubblico (nella fattispecie si trattava di un utile annuo, dichiarato in sede di giustificazioni rese nel procedimento di verifica dell’anomalia, pari a euro 774,51).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2394 del 24 ottobre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.



Il TAR Milano ricorda che, in linea di principio, in presenza di atti normativi, recanti prescrizioni generali e astratte, non è dato rinvenire una diretta e immediata lesione della sfera giuridica degli interessati; la regola “astratta” è ontologicamente inidonea ad integrare una lesione personale, attuale e concreta di un interesse; un effettivo vulnus, con il correlato potere di “reazione” in sede giurisdizionale, si determinerà solo con l’atto applicativo della previsione normativa; d’altra parte, il differimento della tutela giurisdizionale al momento della emanazione del provvedimento di applicazione del regolamento sostanzia un principio di favor per il consociato, sollevandolo dall’onere di una immediata impugnazione, scongiurandosi così il rischio che il regolamento, ove non tempestivamente impugnato, finisca per diventare inoppugnabile e per consolidarsi, regolando definitivamente la situazione concreta, senza che vi sia più la possibilità per il giudice di risolvere il contrasto in favore della fonte sovraordinata.
Aggiunge il TAR Milano che diverso è il caso in cui le prescrizioni regolamentari concretino una immediata lesione di interessi sostanziali (si pensi, ad esempio, ai regolamenti in materia tributaria suscettibili di incidere sui presupposti della obbligazione tributaria) ovvero conformanti (o in diversa misura incidenti su) interessi di “categoria”: in tali casi la lesione non è potenziale e futura, ma attuale e immediata, verificandosi come subitanea e diretta conseguenza dell’introduzione nell’ordinamento (nella fattispecie, regionale) di una prescrizione che, benché in maniera generale e astratta, arreca un vulnus agli interessi indifferenziati, e quindi omogenei, della categoria.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 2453 del 31 ottobre 2018 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.