Il Consiglio di Stato ha confermato l’annullamento, disposto dal TAR Lazio, dell’elenco dei settori di specializzazione di cui all'art. 3 del decreto ministeriale 12 agosto 2015 n. 144, di approvazione del regolamento per il conseguimento e il mantenimento del titolo di avvocato specialista, nonché della previsione contenuta nell'art. 6, comma 4, di detto regolamento concernente il colloquio per l’avvocato che voglia ottenere il titolo di specialista sulla base della comprovata esperienza. 

Il testo della sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 5575 del 28 novembre 2017 è consultabile sul sito della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Milano, per provare il danno per fermo cantiere causato da un’ordinanza di sospensione lavori occorre il deposito della documentazione comprovante gli avvenuti pagamenti delle prestazioni inutilizzate e non semplicemente una relazione peritale che si limita a prendere in considerazione, in maniera astratta, i costi della mano d’opera desumibili dal bollettino prezzi informativi delle opere edili; né si può ritenere che a tale carenza probatoria possa ovviarsi attraverso la determinazione in via equitativa del danno ai sensi dell’art. 1226 cod. civ., che può essere applicata solo quando la parte interessata abbia quantomeno fornito la prova dell’esistenza del danno subito e non sia in grado, per ragioni oggettive, di provarne l’ammontare.

La sentenza del TAR Milano, Sezione Seconda, n. 2272 del 27 novembre 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano, con riferimento all’orario di effettuazione della notificazione e all’incidenza di esso sulla tempestività della notificazione, precisa che:
- l’art. 16 quater, comma 3, del d.l. n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, dispone che “la notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione prevista del D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, art. 6, comma 1, e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna prevista dal D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, art. 6, comma 2”;
- ai sensi del citato d.l. n. 179 del 2012, art. 16-septies (Tempo delle notificazioni con modalità telematiche) “la disposizione dell'art. 147 c.p.c. si applica anche alle notificazioni eseguite con modalità telematiche. Quando è eseguita dopo le ore 21, la notificazione si considera perfezionata alle ore 7 del giorno successivo”;
- a sua volta il richiamato art. 147 c.p.c. (Tempo delle notificazioni) dispone, nella vigente formulazione, che le notificazioni non possono farsi prima delle ore 7 e dopo le ore 21;
- le disposizioni sinora esaminate non prevedono la scissione tra il momento di perfezionamento della notifica per il notificante ed il tempo di perfezionamento della notifica per il destinatario, scissione espressamente disposta, invece, ad altri fini dall'art. 16 quater del d.l. n. 179/2012;
- l’art. 3 bis, comma 3, della legge n. 53/1994, recante la disciplina della notificazione con modalità telematica nel processo civile e amministrativo, stabilisce che “la notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione prevista dall'articolo 6, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna prevista dall'articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68”;
- la lettura sistematica delle disposizioni sinora esaminate comporta che, per il soggetto autore della notificazione, essa, anche se eseguita a mezzo PEC, si considera perfezionata nel momento in cui si genera la ricevuta di accettazione, con la conseguenza che qualora il perfezionamento della notificazione avvenga dopo le ore 21, la notifica si considera perfezionata alle ore 7 del giorno successivo.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2229 del 23 novembre 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Si segnala che presso le sede di Como dell’Università degli Studi dell’Insubria, a partire dal 22 dicembre 2017, si terrà il corso di perfezionamento "La nuova stagione dei contratti pubblici tra incertezze e responsabilità".

Il programma e le modalità di iscrizione sono contenuti nella locandina.




Si segnala che l’Università Statale di Milano ha organizzato anche quest’anno il corso di perfezionamento e specializzazione in diritto amministrativo con inizio nel mese di gennaio 2018, di cui alla locandina allegata (ulteriori informazioni sono disponibili sul sito dell’Ateneo).

Il termine ultimo per iscriversi scadrà il 12 dicembre p.v.

Locandina


Il TAR Milano – dopo aver ricordato che, ai sensi dell’art. 64 c.p.a., incombe sulle parti l’onere di fornire gli elementi di prova che siano nella loro disponibilità riguardanti i fatti posti a fondamento delle rispettive domande ed eccezioni, mentre il potere acquisitivo del giudice amministrativo può essere esercitato unicamente per sopperire ad uno squilibrio tra le parti, qualora la parte privata sia impossibilitata ad assolvere all’onere probatorio relativamente a documentazione in possesso della P.A. – precisa che nel processo amministrativo non paiono consentite le consulenze tecniche c.d. percipienti (quelle in cui il consulente, fatto ovviamente salvo il controllo immanente del giudice peritus peritorum, è chiamato ad accertare direttamente i fatti mediante l'ausilio di specifiche competenze tecniche), mentre sono certamente ammesse, in linea con quanto previsto dall’art. 67 del codice di rito, le consulenze tecniche c.d. deducenti, volte a valutare i fatti accertati e dati per esistenti, come (già definitivamente) acquisiti nel corso nel procedimento amministrativo.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2209 del 21 novembre 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato ritiene che l’art. 86 c.p.a. – ai sensi del quale «ove occorra correggere omissioni o errori materiali, la domanda per la correzione deve essere proposta al giudice che ha emesso il provvedimento, il quale, se vi è il consenso delle parti, dispone con decreto, in camera di consiglio, la correzione» -  deve essere interpretato, in coerenza con la natura del procedimento di correzione, nel senso che sia possibile correggere soltanto gli errori commessi dal giudice, sia perché in tal senso univocamente depone il tenore del cit. art. 86 c.p.a. e dell’art. 287 c.p.c. , sia anche perché con riguardo agli scritti delle parti non è possibile svolgere attività volta ad accertare l’effettiva sussistenza dei presupposti di un errore materiale, venendo in rilievo elementi nella disponibilità della parte.

Il decreto collegiale della Sezione Sesta del Consiglio di Stato n. 5404 del 21 novembre 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Milano, non esiste alcuna norma di legge che imponga alle amministrazioni di prorogare i contratti di approvvigionamento scaduti (nella fattispecie: servizio di manutenzione delle attrezzature elettromedicali) in attesa dell’esito della gara indetta dalla centrale di committenza; si deve anzi ritenere che ogni amministrazione appaltante, nell’ambito della propria discrezionalità, possa provvedere nelle more all’approvvigionamento nelle forme consentite dall’ordinamento; quindi, non solo mediante eventuali proroghe, ma anche attraverso la stipula di contratti “ponte” oppure avvalendosi della clausola di adesione, attraverso l’estensione di un contratto aggiudicato all’esito di una gara pubblica, laddove il servizio o la fornitura risultino, ad esempio, economicamente più vantaggiosi.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 2128 del 10 novembre 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Ammnistrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano precisa che la normativa in materia di gioco d'azzardo, con riguardo alle sue conseguenze sociali su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché del suo impatto sul territorio, non è riferibile alla competenza statale esclusiva in materia di ordine pubblico e sicurezza, di cui all'art. 117, comma 2, lett. h), Cost., quanto invece alla tutela del benessere psico-fisico dei soggetti maggiormente vulnerabili e della quiete pubblica, ciò che rientra nelle attribuzioni del Comune, ex artt. 3 e 5, D.Lgs. 18.8.2000 n. 267; il potere esercitato dal Sindaco nel definire gli orari di apertura delle sale da gioco non interferisce pertanto con quello degli organi statali preposti alla tutela dell'ordine e della sicurezza, atteso che la competenza di questi ha ad oggetto rilevanti aspetti di pubblica sicurezza, laddove quella del Sindaco concerne in senso lato gli interessi della comunità locale.


La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 2180 del 16 novembre 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il Consiglio di Stato, il ricorso incidentale, anche nel contesto del rito disciplinato dall’art. 120, comma 2 bis, c.p.a., va ricondotto al regime decadenziale previsto dall’art. 42, comma 1 c.p.a.;  la decorrenza del termine per l’introduzione dell’impugnativa incidentale dalla notifica del ricorso principale proposto ai sensi del comma 2 bis dell’art. 120 c.p.a., e non dalla conoscenza del provvedimento di ammissione, non pare compromettere il conseguimento dell’obiettivo essenziale avuto di mira dal legislatore del rito superaccelerato, restando comunque ferma la preclusione all’attivazione del rimedio processuale quale strumento per dedurre, in sede di impugnazione della successiva aggiudicazione, le censure riferite alla fase di ammissione.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Terza, n. 5182 del 10 novembre 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


La Società Toscana degli Avvocati Amministrativisti, che ringraziamo, ci segnala che la Commissione Tributaria Provinciale di Firenze, Sezione Quarta, ha annullato un invito al pagamento del contributo disposto dal TAR Toscana relativamente a motivi aggiunti che, sebbene fossero rivolti avverso un atto diverso da quelli impugnati con il ricorso introduttivo, non ampliavano in misura significativa l’oggetto della controversia.



Il TAR Milano, dopo aver precisato che il permesso di costruire diviene efficace già al momento del suo rilascio, non essendo a tal fine necessario che lo stesso venga comunicato o ritirato dal destinatario, esclude che il mancato ritiro del permesso di costruire costituisca causa di decadenza dello stesso; conseguentemente, l’intervento realizzato conformemente al titolo edilizio rilasciato, ma non ritirato, non può dirsi abusivo e non possono ad esso applicarsi le misure sanzionatorie rivolte alla repressione dell’attività edilizia abusiva.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2173 del 14 novembre 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano ribadisce che l’obbligo di bonifica dei siti inquinati grava sul responsabile dell’inquinamento e non sul mero proprietario dell’area; il TAR richiama l’orientamento della giurisprudenza secondo il quale, ai sensi degli art. 242, comma 1, e 244, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006, una volta riscontrato un fenomeno di potenziale contaminazione di un sito, gli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza d'emergenza o definitiva, di bonifica e di ripristino ambientale possono essere imposti dalla P.A. solo ai soggetti responsabili dell'inquinamento, quindi ai soggetti che abbiano in tutto o in parte generato la contaminazione con un comportamento commissivo od omissivo, legato all'inquinamento da un preciso nesso di causalità; aggiunge il TAR che, non essendo configurabile una sorta di responsabilità oggettiva facente capo al proprietario o al possessore dell'immobile in ragione di tale sola qualità, dal quadro normativo emergono le seguenti regole: 1) il proprietario, ai sensi dell'art. 245, comma 2, è tenuto soltanto ad adottare le misure di prevenzione; 2) gli interventi di riparazione, messa in sicurezza, bonifica e ripristino gravano solo sul responsabile della contaminazione, cioè sul soggetto al quale sia imputabile, almeno sotto il profilo oggettivo, l'inquinamento (articolo 244, comma 2); 3) se il responsabile non è individuabile o non provveda gli interventi necessari sono adottati dall'amministrazione competente (articolo 244, comma 4); 4) le spese sostenute per effettuare tali interventi possono essere recuperate agendo in rivalsa verso il proprietario, che risponde nei limiti del valore di mercato del sito dopo l'esecuzione degli interventi medesimi (art. 253, comma 4); 5) a garanzia di tale diritto di rivalsa, il sito è gravato da un onere reale e di un privilegio speciale immobiliare (art. 253, comma 2) (cfr. Consiglio di Stato, sezione VI, 5 ottobre 2016, n. 4099, la quale rinvia alla sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea del 4 marzo 2015 - sez. terza, nella causa C-534/13 - e l'ordinanza del medesimo organo del 6 ottobre 2015 - sez. ottava, nella causa C-592/13; cfr. anche TAR Lombardia, Milano, sezione IV, 13 ottobre 2016, n. 1860).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2088 del 6 novembre 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


La Corte di Cassazione precisa che la forma scritta ad substantiam, che è propria dei contratti della Pubblica Amministrazione, può dirsi osservata non solo nel caso in cui il vincolo contrattuale sia consacrato in un unico documento contrattuale recante la contestuale sottoscrizione di entrambe le parti, potendo essa realizzarsi anche con lo scambio delle missive contenenti rispettivamente la proposta e l'accettazione, vale a dire di distinte scritture formalizzate e inscindibilmente collegate, entrambe sottoscritte, così da evidenziare inequivocabilmente la formazione dell'accordo, secondo lo schema della formazione del contratto tra assenti.

L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Prima, n. 25631 del 27 ottobre 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Corte di Cassazione, alla Sezione SentenzeWeb


Il TAR Milano esamina le fattispecie individuate dalla giurisprudenza rispetto alle quali la mancanza di un serio intento costruttivo giustifica la declaratoria di decadenza del permesso di costruire e segnala le seguenti: parziale recinzione del fondo, accompagnata dallo sbancamento del terreno e dall’esecuzione dei lavori di scavo (cfr. TAR Campania - Napoli, 25 settembre 2008, n. 10890); presenza di un setto di muratura di laterizio o l’installazione di un contatore di energia elettrica e del cartello di cantiere, ovvero il taglio di alcuni alberi nella zona interessata alla costruzione dell’ampliamento (cfr. TAR Veneto, 23 gennaio 2008, n. 174); semplice sbancamento del terreno (cfr. TAR Lombardia - Milano, 8 marzo 2007, n. 372); sola esecuzione dei lavori di scavo di sbancamento senza che sia manifestamente messa a punto l`organizzazione del cantiere e vi siano altri indizi che dimostrino il reale proposito del titolare della concessione edilizia di proseguire i lavori sino alla loro ultimazione ed al completamento dell`opera (cfr. TAR Campania – Napoli, 5 gennaio 2006, n. 59; TAR Lazio – Roma, 28 giugno 2005, n. 5370; TAR Lazio – Latina, 23 febbraio 2007, n. 133); modesti sbancamenti di terreno oramai ricoperti di acqua e vegetazione o la mera comunicazione dell’inizio dei lavori (cfr. TAR Lazio – Roma, 28 giugno 2005, n. 5370).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2111 del 7 novembre 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


La Corte di Cassazione precisa che l'inosservanza da parte della P.A., nella gestione e manutenzione dei beni che ad essa appartengono, delle regole tecniche ovvero dei canoni di diligenza e prudenza può essere denunciata dal privato dinanzi al giudice ordinario non solo ove la domanda sia volta a conseguire la condanna della P.A. al risarcimento del danno patrimoniale, ma anche ove sia volta a conseguire la condanna della stessa ad un facere, giacché la domanda non investe scelte e atti autoritativi dell'amministrazione, ma attività soggetta al rispetto del principio del neminem laedere.

L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Terza, n. 25105 del 24 ottobre 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Corte di Cassazione, Sezione SentenzeWeb.


Secondo il TAR Milano una “struttura esterna aperta, addossata per un lato all'edificio esistente costituita da elementi leggeri in legno, imbullonati, di sezione esigua, con un sistema di ombreggiatura consistente in un telo scorrevole in PVC retrattile mediante automatismo elettrico, da considerarsi come elemento di arredo in area pertinenziale all'attività commerciale” non dà origine ad alcun volume e, dunque, ad alcuna modifica permanente dello stato dei luoghi; siffatta struttura, aggiunge il TAR, è congrua rispetto alle peculiari caratteristiche individuate dalla giurisprudenza, la quale ha osservato che le c.d. "pergotende", tenuto conto della loro consistenza, delle caratteristiche costruttive e della loro funzione, non costituiscano un’opera edilizia soggetta al previo rilascio del titolo abilitativo; infatti, ai sensi del combinato disposto degli articoli 3 e 10 del DPR n. 380 del 2001, sono soggetti al rilascio del permesso di costruire gli interventi di nuova costruzione, che determinano una trasformazione edilizia e urbanistica del territorio, mentre una struttura leggera destinata ad ospitare tende retrattili in materiale plastico non integra tali caratteristiche (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 25 gennaio 2017, n. 306).

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 2110 del 7 novembre 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


In materia di esame del ricorso principale e incidentale proposti all’interno del medesimo giudizio di impugnazione degli atti di una procedura di affidamento di appalto pubblico, la Sezione Quinta del Consiglio di Stato ha rimesso all’Adunanza Plenaria il seguente quesito:
«Se in un giudizio di impugnazione degli atti di procedura di gara ad evidenza pubblica il giudice sia tenuto ad esaminare congiuntamente il ricorso principale e il ricorso incidentale escludente proposto dall’aggiudicatario, anche se alla procedura abbiano preso parte altri concorrenti le cui offerte non sono state oggetto di impugnazione e verifichi che i vizi delle offerte prospettati come motivi di ricorso siano propri delle sole offerte contestate».

L’ordinanza della Quinta Sezione del Consiglio di Stato n. 5103 del 6 novembre 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


La Sezione Terza del Consiglio di Stato ha sottoposto all'Adunanza Plenaria i seguenti quesiti in materia di onere di immediata impugnativa delle clausole del bando:
«Se, avuto anche riguardo al mutato quadro ordinamentale, i principi espressi dall’Adunanza Plenaria n.1/2003 possano essere ulteriormente precisati nel senso che l’onere di impugnazione immediata del bando sussiste anche per il caso di erronea adozione del criterio del prezzo più basso, il luogo del miglior rapporto tra qualità e prezzo.
2. Se l’onere di immediata impugnazione del bando possa affermarsi più in generale per tutte le clausole attinenti le regole formali e sostanziali di svolgimento della procedura di gara, nonché con riferimento agli altri atti concernenti le fasi della procedura precedenti l’aggiuducazione, con la sola eccezione delle prescrizioni generiche e incerte, il cui tenore eventualmente lesivo è destinato a disvelarsi solo con i provvedimenti attuativi.
3. Se, nel caso in cui l’Adunanza Plenaria affermi innovativamente il principio della immediata impugnazione delle clausole del bando di gara riguardanti la definizione del criterio di aggiudicazione, e, individui, eventualmente, ulteriori ipotesi in cui sussiste l’onere di immediata impugnazione di atti della procedura precedenti l’aggiudicazione, la nuova regola interpretativa si applichi, alternativamente:
a) con immediatezza, anche ai giudizi in corso, indipendentemente dall’epoca di indizione della gara;
b) alle sole gare soggette alla disciplina del nuovo codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50/2016;
c) ai soli giudizi proposti dopo la pubblicazione della sentenza dell’Adunanza Plenaria, in conformità alle regole generali dell’errore scusabile e della irretroattività dei mutamenti di giurisprudenza incidenti sul diritto viventi (secondo i principi dell’overruling);
4. Se, nel caso di contestazione del criterio di aggiudicazione o, in generale, della impugnazione di atti della procedura immediatamente lesivi, sia necessario, ai fini della legittimazione a ricorrere, che l’operatore economico abbia partecipato alla gara o manifestato formalmente il proprio interesse alla procedura, ovvero sia sufficiente la dimostrazione della qualità di operatore economico del settore, in possesso dei requisiti generali necessari per partecipare alla selezione».

L’ordinanza della Terza Sezione del Consiglio di Stato n. 5138 del 7 novembre 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Brescia ritiene illegittima un’ordinanza sindacale con la quale si è imposto al gestore di un bar, al quale era precluso di servire i propri clienti all’esterno, di interdire lo stazionamento della clientela negli spazi esterni per contenere l'inquinamento acustico; secondo il TAR Brescia, esula dal potere del Comune trasferire sul gestore detti oneri, atteso che il controllo sull’utilizzo degli spazi esterni da parte degli avventori autonomamente non può essere imputato al gestore del locale, ma rientra nella competenza del Comune. 

La sentenza del TAR Lombardia, Brescia, Seconda Sezione, n. 1255 del 18 ottobre 217 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Milano, le opere di livellamento e ricopertura, con ghiaia, ciotoli e sabbia, di un’area agricola per destinarla a deposito inerti determinano la trasformazione del terreno agricolo per destinarlo allo svolgimento di un’attività produttiva e, come tali, comportano una trasformazione che, pur in assenza di opere edilizie, assume rilevanza dal punto di vista urbanistico; l’intervento è, perciò, ascrivibile alla fattispecie di cui all’articolo 3, comma 1, lett. e.7), del d.P.R. n. 380 del 2001 e, conseguentemente, assoggettato al previo rilascio del permesso di costruire.


La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1789 del 6 settembre 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.