Il TAR Milano ritiene inammissibile il ricorso incidentale con il quale il Comune resistente ha contestato la legittimità della realizzazione del fabbricato del ricorrente in quanto l’edificazione non sarebbe “né fattibile né assentibile”, formulando a tal fine istanza istruttoria perché sia disposta una consulenza tecnica, ai fini di una pronuncia di accertamento del giudice.
Secondo il TAR, se è pacifica la possibilità che l’amministrazione resistente gravi in via incidentale atti di diverse amministrazioni, laddove il loro annullamento possa determinare effetti paralizzanti del ricorso principale o limitare gli effetti dell’eventuale accoglimento, più problematica è l’ipotesi in cui l’amministrazione resistente impugni in via incidentale atti propri; la circostanza che l’amministrazione disponga di un potere-dovere di autotutela è stata considerata in genere risolutiva nel senso di escludere detta possibilità.
Sulla base di tali premesse, il TAR ritiene inammissibile la domanda formulata in tal senso dal Comune in via incidentale, potendo l’Amministrazione comunale esercitare, se ne sussistono i presupposti, i propri ordinari poteri di governo del territorio, non ravvisandosi giustificazione alcuna della richiesta al giudice di sostituirsi nell’esercizio di tali poteri.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 1768 del 24 agosto 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Lazio, a fronte di  un’eccezione di tardività del ricorso proposto avverso l’ammissione a una gara d’appalto con la quale si sosteneva che il dies a quo decorresse dalla seduta della commissione di gara nel corso della quale era stata deliberata l'ammissione dei concorrenti alla presenza del legali rappresentanti della ricorrente, precisa che:
- la disposizione di cui all’art. 120, comma 2-bis, c.p.a., come introdotta dal decreto legislativo n. 50 del 2016, prevede espressamente e inequivocamente che il dies a quo per proporre tale particolare impugnativa decorra dalla pubblicazione del provvedimento che determina esclusioni/ammissioni sul profilo della stazione appaltante;
- stante la specialità di una simile previsione va da sé che essa inevitabilmente sia destinata a prevalere su ogni altra previsione o applicazione di tipo giurisprudenziale;
-in altre parole, anche a voler ammettere che il termine di reazione processuale decorra, in caso di aggiudicazione, dalla piena conoscenza della determinazione lesiva della PA, ossia dal momento in cui si conclude la seduta di gara in cui sono eventualmente presenti i legali rappresentanti della società che si ritiene lesa, in caso di ammissione/esclusione vale comunque il diverso momento della pubblicazione sul sito della stazione appaltante del relativo provvedimento che tale decisione formalizza;
-  ciò in quanto il dies a quo per le suddette impugnazioni di esclusione/ammissione è assistito da un regime di specialità rispetto ad ogni altra tipologia di impugnazione in materia di gare pubbliche; regime dettato nello specifico dall’art. 120, comma 2-bis, c.p.a., il quale prevede appunto che il termine per ricorrere decorra dalla pubblicazione del provvedimento formale di ammissione/esclusione sul sito della stazione appaltante.

La sentenza del TAR Lazio, Sezione Terza Quater, n. 9379 del 23 agosto 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.

In argomento, si veda anche TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 1774 del 28 agosto 2017, consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo, che sostiene che il termine per proporre l’impugnazione degli atti di una procedura di gara (nella fattispecie l’ammissione della controinteressata) decorre dal momento in cui il ricorrente ne abbia avuto conoscenza, ancorché tale conoscenza sia stata acquisita con forme diverse da quelle previste dal Codice dei contratti.


Il TAR Milano precisa che la previsione di uno “statuto” della disciplina edificatoria nelle aree agricole, determinato direttamente con legge, mediante una disciplina edificatoria inderogabile e direttamente applicabile sull’intero territorio regionale, pare volto a dettare una disciplina uniforme nei limiti massimi, diretta a tutelare, piuttosto che le esigenze edificatorie dell’agricoltura intesa come produzione, la funzione generale di contenimento dell’attività edilizia in zona agricola anche prevalendo su norme più permissive introdotte a livello locale; ne consegue che tale disciplina non impedisce al Comune di individuare altri interessi di valore preminente che, riguardando anche le zone agricole, comportino l’adozione di una disciplina più restrittiva dell’edificabilità agricola.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1764 del 24 agosto 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Milano, sono inammissibili i motivi aggiunti notificati direttamente al Comune, presso la sua sede anziché presso il procuratore costituito del Comune stesso, come prescritto dal comma 2 dell’art. 43 c.p.a., che richiama sul punto l’art. 170 c.p.c.
Per il TAR non v’è dubbio che il disposto dell’art. 43, comma 2, c.p.a., con il richiamo all’art. 170 c.p.c. per le notifiche da effettuarsi, in sede di motivi aggiunti, nei confronti delle “controparti costituite”, addossi alla parte l’onere di notificare il ricorso per motivi aggiunti non presso la sede legale dell’Ente, ma presso il procuratore costituito di quest’ultimo; in presenza di un dettato normativo di indubbio tenore – come dimostrato dall’utilizzo, nel comma 2 dell’art. 43 cit., dell’espressione “le notifiche … avvengono”, anziché “le notifiche … possono avvenire” – non può condividersi, secondo il TAR Milano, il diverso indirizzo giurisprudenziale, che ammette la notificazione dei motivi aggiunti presso la sede legale dell’Ente, in applicazione del principio del raggiungimento dello scopo ex art. 156, comma 3, c.p.c., richiamato dal successivo art. 160 c.p.c. in tema di nullità della notificazione.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1764 del 24 agosto 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Sulla Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 190 del 16 agosto 2017 è pubblicato il nuovo accordo del 6 luglio 2017 della Conferenza Unificata, con il quale si procede al completamento dell'adozione dei moduli unificati e standardizzati per le attività in materia commerciale e assimilate e in materia edilizia.

Per il precedente accordo del 4 maggio 2017 si veda il post del 6 giugno 2017


Sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 189 del 14 agosto 2017 è pubblicata la legge 4 agosto 2017, n. 124 “Legge annuale per il mercato e la concorrenza”, che si compone di un articolo con 192 commi
Le disposizioni riguardanti la professione forense, tra cui l’obbligatorietà della pattuizione per iscritto del compenso e le modalità per l’esercizio della professione in forma societaria, sono contenute nel comma 141.
I commi 172 e 173 intervengono sugli obblighi di aggiornamento catastale a seguito degli interventi edilizi di cui all'art. 6 del D.P.R. n. 380 del 2001, che viene, per l'effetto, modificato.
Il comma 175 interviene sulla disciplina dei beni culturali di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004.



Sul B.U.RL., Supplemento n. 33 del 14 agosto 2017, è pubblicata la legge regionale 10 agosto 2017 n. 22 “Assestamento al bilancio 2017/2019 – I provvedimento di variazione con modifiche di leggi regionali”; tra le varie modifiche apportate si segnalano quelle introdotte, con l’art. 11, comma 4, e con l’art. 12, alla legge regionale 10 marzo 2017 n. 7 (Recupero dei vani e locali seminterrati esistenti) nonché quelle introdotte, con l’art. 19, alle leggi regionali 30 novembre 1983 n. 86 (Piano regionale delle aree regionali protette. Norme per l’istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale) e 17 novembre 2016 n. 28 (Riorganizzazione del sistema lombardo di gestione e tutela delle aree regionali protette e delle altre forme di tutela presenti sul territorio).


Il TAR Milano precisa che la declaratoria di inammissibilità del ricorso introduttivo non produce, di per sé, l'effetto di travolgere anche il ricorso per motivi aggiunti, là dove questo sia configurabile come autonomo atto impugnatorio ritualmente proposto avverso un nuovo atto; a tal fine il ricorso per motivi aggiunti deve però essere autosufficiente e conforme al contenuto indicato dall’art. 40 c.p.a.
Per il TAR, il contenuto dei motivi aggiunti da valutarsi quale ricorso autonomo non può essere ritenuto rispondente ai requisiti essenziali di cui all’art. 40 c.p.a. nel caso in cui si componga formalmente solo di un’esposizione in fatto e le deduzioni argomentative ivi contenute consistano nell’esposizione degli atti intervenuti unitamente a una sequenza di commenti e valutazioni personali che non consentono di estrapolare i motivi specifici su cui si fonderebbe il ricorso proposto.
Aggiunge il TAR che lo scopo delle disposizioni è quello di incentivare la redazione di ricorsi dal contenuto chiaro e di porre argine a una prassi in cui i ricorsi, oltre a essere poco sintetici, non contengono una esatta suddivisione tra fatto e motivi, con il conseguente rischio che trovino ingresso i c.d. "motivi intrusi", ossia i motivi inseriti nelle parti del ricorso dedicate al fatto, che, a loro volta, ingenerano il rischio della pronuncia di sentenze che non esaminano tutti i motivi per la difficoltà di individuarli in modo chiaro e univoco e, di conseguenza, incorrano nel rischio di revocazione.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 1753 in data 8 agosto 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano ribadisce che la presentazione dell’istanza di sanatoria successivamente all’impugnazione dell’ordinanza di demolizione produce l’effetto di rendere inefficace tale ultimo provvedimento e, quindi, improcedibile l’impugnazione stessa per sopravvenuta carenza di interesse; il riesame dell’abusività dell’opera provocato dall’istanza di sanatoria, sia pure al fine di verificare l’eventuale sanabilità di quanto costruito, comporta, ex se, la necessaria formazione di un nuovo provvedimento che, indipendentemente dal suo contenuto, vale comunque a superare il provvedimento sanzionatorio oggetto dell’impugnativa; anche in caso di diniego del richiesto accertamento di conformità, l’Amministrazione dovrà, comunque, determinarsi sulla domanda e, in caso di suo esito negativo, sulla sanzione, con atti autonomamente impugnabili ove non satisfattivi, con fissazione di nuovi termini per ottemperarvi.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1570 del 10 luglio 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Secondo il TAR Milano una recinzione di pali di legno e rete metallica diretta a proteggere un compendio agricolo di notevole estensione sito in un ambito interamente sottoposto a vincolo paesaggistico non può considerarsi, per le sue caratteristiche e dimensioni, irrilevante dal punto di vista paesaggistico, nonostante che non siano state realizzate strutture in muratura, e quindi necessita di autorizzazione paesaggistica.


La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Seconda, n. 1707 del 28 luglio 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il presidente della Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha dichiarato inammissibile l’appello proposto avverso il decreto monocratico cautelare adottato dal Presidente del Tribunale amministrativo regionale.

Il decreto presidenziale, Sezione Quinta, n. 3015 del 19 luglio 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.

In senso contrario cfr. decreto presidenziale, Sezione Terza, 11 dicembre 2014 n. 5650, consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano nel respingere una censura con la quale si denuncia la presunta illegittimità della nomina della commissione di gara, in quanto i componenti della stessa non sarebbero esperti del settore cui si riferisce l’oggetto del contratto, in violazione dell’art. 77 del D.Lgs. n. 50/2016, afferma che la formulazione sul punto del vigente art. 77, comma 1, del D.Lgs. n. 50/2016 ricalca quella dell’abrogato art. 84, comma 2, del D.Lgs. n. 163/2006 e la giurisprudenza formatasi in materia è concorde nell’affermare che l’esperienza e la competenza dei componenti della commissione devono essere valutati complessivamente, in modo che sia nel complesso garantita la conoscenza tecnica nel settore oggetto dell’appalto.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Quarta, n. 1564 del 10 luglio 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il Consiglio di Stato effettua una ricognizione sulla giurisprudenza formatasi nella materia degli ambiti di legittima operatività dei regolamenti comunali disciplinanti le infrastrutture per le reti di telecomunicazione e rileva:
- il legislatore statale, nell’inserire le infrastrutture per le reti di comunicazione fra le opere di urbanizzazione primaria, ha espresso un principio fondamentale della normativa urbanistica, a fronte del quale la potestà regolamentare attribuita ai Comuni dall’articolo 8, comma 6 della legge 22 febbraio 1981, n. 36, non può svolgersi nel senso di un divieto generalizzato di installazione in aree urbanistiche predefinite, al di là della loro ubicazione o connotazione o di concrete (e, come tali, differenziate) esigenze di armonioso governo del territorio;
- le opere di urbanizzazione primaria, in quanto tali, risultano in generale dunque compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica e, dunque, con ogni zona del territorio comunale, poiché dall’articolo 86, comma 3, del d.lgs. n. 259/1993 si desume il principio della necessaria capillarità della localizzazione degli impianti relativi ad infrastrutture di reti pubbliche di comunicazioni;
- la giurisprudenza costituzionale ha affermato che le disposizioni ostative si palesano come illegittime, qualora rendano impossibile la realizzazione di una rete completa di infrastrutture per le telecomunicazioni, con la conseguenza che i «criteri di localizzazione» si trasformerebbero in «limitazioni alla localizzazione», mentre le disposizioni poste a tutela di siti sensibili sono legittime se consentono «una sempre possibile localizzazione alternativa» e non determinano «l’impossibilità della localizzazione»;
- non sono legittimi gli atti che limitino la localizzazione delle infrastrutture di carattere generale e riguardanti intere ed estese porzioni del territorio comunale, in assenza di una plausibile ragione giustificativa;
- il Comune non può prevedere limiti di carattere generale, volti a tutelare la popolazione dalle immissioni elettromagnetiche, dal momento che a tale funzione provvede lo Stato attraverso la fissazione di determinati parametri inderogabili, il rispetto dei quali è verificato dai competenti organi tecnici;
 - il regolamento comunale previsto dall’art. 8, comma 6, della legge n. 36/2001, nel disciplinare il corretto insediamento nel territorio degli impianti, può contenere regole a tutela di particolari zone e beni di pregio paesaggistico o ambientale o storico artistico, o anche per la protezione dall’esposizione ai campi elettromagnetici di zone sensibili (scuole, ospedali etc.), ma non può imporre limiti generalizzati all’installazione degli impianti se tali limiti sono incompatibili con l’interesse pubblico alla copertura di rete nel territorio nazionale;
- deve, invece, ritenersi consentito ai Comuni, nell’esercizio dei loro poteri di pianificazione territoriale, di raccordare le esigenze urbanistiche con quelle di minimizzazione dell’impatto elettromagnetico, ai sensi dell’ultimo inciso del comma 6 dell’articolo 8, prevedendo con regolamento anche limiti di carattere generale all’installazione degli impianti, purché sia comunque garantita una possibile localizzazione alternativa degli stessi, in modo da rendere possibile la copertura di rete del territorio nazionale; di conseguenza, possono ritenersi legittime anche disposizioni che non consentono, in generale, la localizzazione degli impianti nell’area del centro storico (o in determinate aree del centro storico) o nelle adiacenze di siti sensibili (come scuole e ospedali), purché sia garantita la copertura di rete, anche nel centro storico e nei siti sensibili, con impianti collocati in altre aree;
- la pianificazione comunale di settore può interdire agli impianti anche ampie aree, purché ciò sia riconducibile ad uno degli interessi previsti dalla norma e purché ciò, consentendo la localizzazione in aree alternative, non determini difficoltà di funzionamento al servizio, circostanze che devono essere verificate in concreto attraverso il confronto con gli operatori, sulla base di condizioni tecnicamente ed economicamente sostenibili;
- il Comune può prevedere regole generali in materia di impianti di radiocomunicazione e della loro localizzazione, esercitando il potere urbanistico di governo del territorio, per il mantenimento di un armonioso e corretto assetto del territorio; ciò che risulta necessario è che la possibile interdizione di allocazione di impianti in specifiche aree del territorio comunale risponda a particolari esigenze di interesse pubblico e che comunque i criteri localizzativi adottati non si trasformino in limitazioni alla copertura di rete: è necessario che il limite o il divieto posto dall’ente locale non impedisca la capillare distribuzione del servizio sull’intero territorio; deve, pertanto, esservi un equo contemperamento tra l’interesse urbanistico perseguito dal Comune e l’interesse alla piena ed efficiente copertura di rete.
Ciò posto, il Consiglio di Stato ritiene che vi sia stato tale equo contemperamento, con riferimento a una disposizione di un regolamento comunale che fissa un limite di altezza dei tralicci di nuova installazione salvo casi specifici concertati con l’amministrazione per motivate e particolari necessità di copertura e/o al fine di superare difficoltà tecniche e/o radioelettriche; in tal modo, la disposizione risulta legittima, in quanto, pur fissando una regola destinata a regolare l’ordinato assetto del territorio, ne consente la deroga quando ciò risulti necessario per garantire l’efficiente servizio di telecomunicazione sull’intero territorio comunale.

La sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. 3891 del 3 agosto 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, al seguente indirizzo.


Il TAR Milano ribadisce che allorché nelle more del giudizio di impugnazione di una prescrizione urbanistica (nella fattispecie PGT) intervenga altro strumento (nella fattispecie variante generale al PGT), completamente sostitutivo del precedente, più nessun interesse a discutere sul precedente strumento urbanistico può residuare, e ciò anche quando il nuovo abbia riprodotto la prescrizione impugnata, palesandosi altrimenti un'eventuale pronuncia sul primo atto "inutiliter data".

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1624 del 17 luglio 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.

Sempre secondo il TAR Milano, l’impugnazione avverso un PGT nella parte in cui conferma, reitera e comunque impone un vincolo urbanistico diventa improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, a seguito del trascorso del termine quinquennale di efficacia del vincolo apposto dal PGT di cui è causa, che rende la previsione de qua inattuabile.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1714 del 31 luglio 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


Il TAR Milano ritorna sul concetto di pertinenza e riafferma che quello previsto dal diritto civile va distinto dal concetto più ristretto di pertinenza in senso urbanistico, che non trova applicazione in relazione a quelle costruzioni che, pur potendo essere qualificate come beni pertinenziali secondo la normativa privatistica, assumono tuttavia una funzione autonoma rispetto ad altra costruzione, con conseguente loro assoggettamento al regime del permesso di costruire; in materia edilizia sono qualificabili come pertinenze solo le opere prive di autonoma destinazione e che esauriscano la loro destinazione d'uso nel rapporto funzionale con l'edificio principale, così da non incidere sul carico urbanistico.

La sentenza del TAR Lombardia, Milano, Sezione Prima, n. 1572 del 10 luglio 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.


L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato conferma le conclusioni cui erano pervenute le sezioni semplici, pur con le puntualizzazioni delle Sezioni Unite della Corte di cassazione del 20 ottobre 2016 n. 21260, e afferma, ai sensi dell’art. 99, quinto comma, del codice del processo amministrativo, il seguente principio di diritto: “la parte risultata vittoriosa di fronte al tribunale amministrativo sul capo di domanda relativo alla giurisdizione non è legittimata a contestare in appello la giurisdizione del giudice amministrativo”.


L'ordinanza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 4 del 28 luglio 2017 è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Ammnistrativa al seguente indirizzo.