Il Consiglio di Stato precisa che la motivazione in sede di adozione di un nuovo strumento urbanistico, salvo i casi in cui esso incida su zone ben circoscritte ledendo legittime aspettative, risulta soddisfatta con l'indicazione dei profili generali e dei criteri che sorreggono le scelte effettuate, senza necessità di approfondimenti argomentativi puntuali e mirati, per cui, ove la destinazione di un'area muti per effetto di un nuovo strumento urbanistico generale che destinato ad imprimere una nuova e complessiva definizione del territorio comunale, si tratta non della disciplina di una singola area, ma dell’organico disegno di governo del territorio da parte dell'ente locale; pertanto, la motivazione non può soffermarsi su ogni singola previsione (o zonizzazione), ma deve aver riguardo, secondo criteri di sufficienza e congruità, al complesso unitario delle scelte effettuate dal Comune con la nuova pianificazione generale.
Aggiunge il Consiglio di Stato che solo in presenza di alcune tassative ipotesi (superamento degli standard minimi, giudicati di annullamento sui dinieghi di titoli edilizi o sul silenzio inadempimento, convenzioni o accordi edilizi in atto) v’è un affidamento tutelabile, in capo al privato, circa le sue aspettative edificatorie e non la mera speranza che il nuovo piano non determini una reformatio in peius delle previsioni preesistenti, poiché la mera esistenza in queste ultime di una destinazione più favorevole al proprietario non è circostanza sufficiente a configurare quell’affidamento qualificato invece scaturente dalle testé citate ipotesi.

La sentenza della Quarta Sezione del Consiglio di Stato n. 1326 del 24 marzo 2017 è consultabile sul sito istituzionale di Giustizia Amministrativa al seguente indirizzo.