Secondo il TAR Piemonte, l’art. 283, comma 2, del DPR n. 207/2010, come modificato dall'articolo 12 del decreto legge 7 maggio 2012, n. 52, impone l’obbligo di apertura delle offerte tecniche in seduta pubblica, adempimento che risponde all'esigenza di tutela non solo della parità di trattamento dei concorrenti, ai quali deve essere permesso di effettuare gli opportuni riscontri sulla regolarità formale degli atti prodotti, ma anche dell'interesse pubblico alla trasparenza ed all'imparzialità dell'azione amministrativa.
Trattandosi di un passaggio essenziale della procedura concorsuale, la mancata pubblicità delle sedute di gara costituisce non una mera mancanza formale, ma una violazione sostanziale, che invalida la procedura, senza che occorra la prova di un'effettiva manipolazione della documentazione prodotta e le cui conseguenze negative sono difficilmente apprezzabili ex post, una volta rotti i sigilli e aperti i plichi; si tratta, evidentemente, di un passaggio procedimentale che non ammette equipollenti, in quanto richiesto ora da una norma primaria, per cui, in caso di violazione, non può essere in alcun modo “sanato”, con conseguente impossibilità di applicare l’art 21 octies, comma 2, prima parte, della l. n. 241/90, dettato per i soli vizi c.d. formali.

La sentenza del TAR Piemonte, Sezione Prima n. 1447 del 23 novembre 2016 è consultabile sul sito di Giustizia Amministrativa.


Il TAR Lazio, con riferimento ad una procedura di gara regolata dal d.lgs. n. 163/2006, precisa che la pubblicazione della delibera di aggiudicazione mediante affissione all'albo pretorio ovvero sul sito web  della stazione appaltante non è idonea a determinare la decorrenza del termine d'impugnazione.
Il TAR aggiunge che ai fini dell'impugnazione degli atti di gara, la presenza di un delegato di un'impresa concorrente alle operazioni di gara di apertura delle offerte tecniche e di quelle economiche, nonché di aggiudicazione provvisoria, non determina per la suddetta impresa il dies a quo per la proposizione del ricorso, atteso che solo l'aggiudicazione definitiva produce, nei confronti dei partecipanti alla gara diversi dall'aggiudicatario, un effetto lesivo (consistente nella privazione definitiva, salvo interventi in autotutela della stazione appaltante od altre vicende comunque non prevedibili né controllabili, del "bene della vita" rappresentato dall'aggiudicazione della gara); sì che solo dalla piena conoscenza della aggiudicazione definitiva (in quanto unico atto conclusivo della procedura selettiva, in relazione al quale sorge un onere di tempestiva impugnazione da parte dei concorrenti non aggiudicatari) e di tutti gli elementi di cui al comma 2, lett. c), dell'art. 79, d.lgs. n. 163/2006 decorrono i termini per l'impugnazione di quegli atti che hanno portato alla aggiudicazione provvisoria.

La sentenza del TAR Lazio, Sezione Terza Quater, n. 11092 del 9 novembre 2016 è consultabile sul sito di Giustizia Amministrativa


 Il Consiglio di Stato precisa che il termine per la proposizione dell’appello stabilito nel comma 6 bis dell’art. 120 c.p.a. si riferisce alle sole impugnazioni delle decisioni pronunciate nell'ambito del rito “superspeciale” introdotto dall'art. 204 del d.lgs. n. 50 del 2016.
Il Consiglio di Stato aggiunge che le nuove regole processuali contenute nell’art. 204 d.lgs. n. 50 del 2016 (che ha introdotto i commi 2 bis e 6 bis all’art. 120 c.p.a.) vanno ricondotte entro il perimetro operativo dell’art. 216, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016 e, quindi, si applicano all’impugnazione di provvedimenti che determinano le esclusioni della procedura di affidamento e le ammissioni ad essa relativamente a procedure bandite dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 50 del 2016.

La sentenze n. 4994 e 4995 del 25 novembre 2016 della Terza Sezione del Consiglio di Stato sono consultabili sul sito di Giustizia Amministrativa


Sulla Gazzetta Ufficiale n. 277 del 26 novembre 2016, Supplemento Ordinario n. 52, è pubblicato il decreto legislativo 25 novembre 2016 n. 222 “Individuazione di procedimenti oggetto di autorizzazione, segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA), silenzio assenso e comunicazione e di definizione dei regimi amministrativi applicabili a determinate attività e procedimenti, ai sensi dell'articolo 5 della legge 7 agosto 2015, n. 124”.


La Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionali alcune disposizioni in materia di dirigenza pubblica, riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, riordino della disciplina delle partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche, riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di interesse economico generale, contenute nella legge 7 agosto 2015 n. 124 “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”, per lesione delle competenze regionali.

In particolare la Corte ha dichiarato:

  • l’illegittimità costituzionale dell’art. 11, comma 1, lettere a), b), numero 2), c), numeri 1) e 2), e), f), g), h), i), l), m), n), o), p) e q), e comma 2, della legge 7 agosto 2015, n. 124 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), nella parte in cui prevede che i decreti legislativi attuativi siano adottati previa acquisizione del parere reso in sede di Conferenza unificata, anziché previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni; 
  • l’illegittimità costituzionale dell’art. 17, comma 1, lettere a), b), c), d), e), f), l), m), o), q), r), s) e t), della legge n. 124 del 2015, nella parte in cui, in combinato disposto con l’art. 16, commi 1 e 4, della medesima legge n. 124 del 2015, prevede che il Governo adotti i relativi decreti legislativi attuativi previo parere in sede di Conferenza unificata, anziché previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni; 
  • l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, lettere a), b), c), e), i), l) e m), numeri da 1) a 7), della legge n. 124 del 2015, nella parte in cui, in combinato disposto con l’art. 16, commi 1 e 4, della medesima legge n. 124 del 2015, prevede che il Governo adotti i relativi decreti legislativi attuativi previo parere, anziché previa intesa, in sede di Conferenza unificata; 
  • l’illegittimità costituzionale dell’art. 19, lettere b), c), d), g), h), l), m), n), o), p), s), t) e u), della legge n. 124 del 2015, nella parte in cui, in combinato disposto con l’art. 16, commi 1 e 4, della medesima legge n. 124 del 2015, prevede che il Governo adotti i relativi decreti legislativi attuativi previo parere, anziché previa intesa, in sede di Conferenza unificata.

La Corte Costituzionale ha, tuttavia, precisato che le pronunce di illegittimità costituzionale, contenute in questa decisione, sono circoscritte alle disposizioni di delegazione della legge n. 124 del 2015, oggetto del ricorso, e non si estendono alle relative disposizioni attuative; nel caso di impugnazione di tali disposizioni, si dovrà accertare l’effettiva lesione delle competenze regionali, anche alla luce delle soluzioni correttive che il Governo riterrà di apprestare al fine di assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione.

La sentenza n. 251 del 25 novembre 2016 è consultabile sul sito della Corte Costituzionale.


Con riguardo a una controversia riguardante un provvedimento di risoluzione di un contratto di appalto pubblico stipulato da un comune per la realizzazione e la gestione delle aree di sosta e ristoro di un parco, la Corte di Cassazione ha dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario, vertendosi in materia di appalto pubblico, attribuita alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, solo in ordine alle controversie relative alla procedura di affidamento; le controversie concernenti la successiva fase esecutiva del contratto sono, invece, devolute alla giurisdizione ordinaria, concernendo diritti soggettivi e obbligazioni ordinarie e ciò anche se l'atto decisorio rivesta la forma di una delibera amministrativa, che resta priva di natura provvedimentale e inidonea, pertanto, ad alterare la posizione paritaria delle parti.

L'ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Unite, n. 22649 in data 8 novembre 2016 è consultabile sul sito della Corte di Cassazione, nella sezione sentenzeWeb.


Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 273 del 22 novembre 2016 la delibera ANAC del 26 ottobre 2016 contenente le linee guida n. 3, di attuazione del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recanti «Nomina, ruolo e compiti del responsabile unico del procedimento per l'affidamento di appalti e concessioni». (Delibera n. 1096)


Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 274 del 23 novembre 2016 la delibera ANAC del 26 ottobre 2016 contenente le linee guida n. 4, di attuazione del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recanti «Procedure per l'affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici» (Delibera n. 1097). 


Il TAR Puglia, Bari, ribadisce che la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 38 D.P.R. n. 380/2001 appartiene al genus delle misure ripristinatorie; significativa in tal senso si appalesa la circostanza che essa è prevista dalla norma in sostituzione della misura demolitoria, di cui è indiscussa la natura reale.
Pertanto, posto il carattere reale dell’una (quella demolitoria), non può che concludersi che anche l’altra (quella pecuniaria) partecipa dell’identica natura, attesa l’alternatività delle misure in questione ed è diretta all’eliminazione della situazione obiettivamente antigiuridica conseguente alla realizzazione e permanenza di un’opera contrastante con la vigente disciplina urbanistica nonché, al conseguente ripristino dell’ordine urbanistico violato.
In conclusione, la predetta natura reale conferisce alla sanzione de qua la prerogativa di seguire l’immobile nei suoi successivi trasferimenti di proprietà, sicché essa è legittimamente comminata in capo all’attuale proprietario dell’opera abusiva.


La sentenza del TAR Puglia, Bari, Sezione III, n., 1290 del 16 novembre 2016 è consultabile sul sito di Giustizia Amministrativa.


Segnaliamo che sul sito dell’Unione Nazionale Avvocati Amministrativisti è pubblicata la versione aggiornata a novembre 2016 del manuale teorico e pratico sul processo amministrativo telematico, a cura del consigliere dell’Unione Nazionale Avvocati Amministrativisti avv. Daniela Anselmi.


Il TAR Piemonte precisa che l’art. 3, primo comma, lett. d), del DP.R. n. 380 del 2001 (come modificato dapprima dall’art. 1 del d.lgs. n. 301 del 2002 e poi dall’art. 30 del d.l. n. 69 del 2013) ricomprende nella ristrutturazione anche il ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati e demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza; ne consegue che la vigente definizione normativa esclude, diversamente dal passato, sia il requisito temporale della contestualità fra demolizione e ricostruzione, sia la condizione del rispetto della preesistente sagoma (con l’eccezione degli immobili sottoposti a vincolo ai sensi del d.lgs. n. 42 del 2004), subordinando il ripristino al solo limite della volumetria preesistente.

La sentenza del TAR Piemonte, sezione II, n. 1410 del 15 novembre 2016 è consultabile sul sito della Giustizia Amministrativa.


La Sezione Quarta del Consiglio di Stato aderisce all’orientamento secondo il quale nel processo amministrativo, in assenza di apposita autorizzazione presidenziale ai sensi dell’art. 52 comma 2 c.p.a., è inammissibile la notifica del ricorso giurisdizionale mediante posta elettronica certificata ai sensi della l. 21 gennaio 1994, n. 53 essendo esclusa, in base all'art. 16-quater comma 3-bis, d.l. n. 179 del 2012, l'applicabilità alla giustizia amministrativa delle disposizioni idonee a consentire l'operatività nel processo civile del meccanismo di notificazione.
Secondo la Sezione, in senso opposto non può valorizzarsi (come invece fa altro indirizzo giurisprudenziale) la tendenza del processo amministrativo a trasformarsi in processo telematico, atteso che siffatta tendenza rappresenta allo stato un mero orientamento, che deve comunque tradursi in regole tecnico-operative concrete, demandate appunto al sopra indicato strumento regolamentare, in assenza delle quali il Giudice amministrativo non può certo sostituirsi al legislatore statuendo l'ordinaria applicabilità di una forma di notifica all’epoca (e cioè prima dell’avvio del P.A.T.) ancora non tipizzata; né – in difetto tra l’altro di costituzione della controparte – può ordinarsi la rinnovazione della notifica, atteso che si verte in ipotesi di inesistenza della notifica stessa (in quanto trattasi di modalità di notificazione priva di qualsivoglia espressa previsione normativa circa l'idoneità della forma prescelta a configurare un tipico atto di notificazione come delineato dalla legge; tipicità, questa, che non consente nemmeno di poter ravvisare nella fattispecie un'ipotesi di errore scusabile), in alcun modo sanabile.

La sentenza della Quarta Sezione del Consiglio di Stato n. 4740 del 16 novembre 2016 è consultabile sul sito della Giustizia Amministrativa.


Informiamo che il prossimo incontro sul processo amministrativo telematico organizzato dalla Camera Amministrativa dell'Insubria è fissato per martedì 13 dicembre 2016, alle ore 15,00, presso l’Aula Magna del Tribunale di Como (quarto piano).
Anche questo incontro sarà di carattere teorico-pratico, in vista dell’entrata in funzione del PAT fissata al 1° gennaio 2017.  
Non occorre iscriversi e la partecipazione è gratuita, ma non dà diritto a crediti formativi.


Il TAR Toscana precisa che, secondo il prevalente indirizzo giurisprudenziale, l’omessa attivazione degli strumenti di tutela cautelare costituisce dato valutabile alla stregua del canone di buona fede, ai fini dell’esclusione o della mitigazione del danno evitabile con l’ordinaria diligenza o come fatto colposo che ha concorso a cagionare il danno; ritiene, quindi, superato l’orientamento del Consiglio di Stato secondo cui è irrilevante la mancata presentazione della domanda volta ad ottenere la sospensione del provvedimento impugnato, sul duplice assunto che il privato non può essere certo della concessione della misura cautelare e che anche l’eventuale accoglimento del merito non garantisce che detta misura, ove diligentemente proposta, sarebbe stata accolta.
Secondo il TAR, rileva l’art. 30, comma 3, c.p.a., ricognitivo di principi già evincibili dall’art. 1227 cod. civ..; in forza di tali norme, la mancata attivazione della tutela cautelare può rilevare come causa di esclusione della risarcibilità del danno da lesione dell’interesse pretensivo oppure, meno drasticamente, può in determinati casi giustificare una riduzione del quantum risarcitorio dovuto.


La sentenza del TAR Toscana, I Sez., n. 1629 in data 11 novembre 2016 è consultabile sul sito di Giustizia Amministrativa.