Con sentenza n. 3414 del 28 luglio 2016, il Consiglio di Stato ha confermato la sentenza del TAR Lazio, Sezione Prima, n. 8333 del 13 giugno 2015, con la quale sono state ritenute illegittime alcune disposizioni del decreto del Ministero della Giustizia 10 novembre 2014 n. 170, recante “Regolamento sulle modalità di elezione dei componenti dei consigli degli ordini circondariali forensi”, adottato in attuazione dell’art. 28, comma 2, della legge 31 dicembre 2012, n. 247.
In particolare, come emerge dalla ricostruzione effettuata dal Consiglio di Stato, il primo giudice ha ritenuto le norme contenute negli artt. 7 e 9 del d.m. n. 170/2014 in contrasto con il quadro normativo emergente dai commi 2 (“il genere meno rappresentato deve ottenere almeno un terzo dei consiglieri eletti”) e 3 (“ciascun elettore può esprimere un numero di voti non superiori ai due terzi dei consiglieri da eleggere, arrotondati per difetto”) dell’art. 28 della legge n. 247/2012.
Secondo il  TAR Lazio, il numero di preferenze individuato dal comma 3 si pone come limite massimo dei voti esprimibili dai singoli elettori, e all'interno di detto limite deve muoversi la disposizione del comma 2, posta a tutela del genere meno rappresentativo; le disposizioni regolamentari in esame avevano invece operato nel senso di tutelare l’obiettivo dell’equilibrio di genere a scapito della finalità di tutela del pluralismo di cui al comma 3, là dove: a) consentivano a ciascun elettore di esprimere un numero di preferenze pari al numero di candidati da eleggere; b) consentivano la presentazione di liste contenenti un numero di candidati pari a quello dei Consiglieri complessivamente da eleggere; c) prevedevano che le schede elettorali contenessero un numero di righe pari a quello dei componenti complessivi del Consiglio da eleggere.
Per quel che concerne il comma 7 dell’art. 14 (il quale imponeva un intervento a valle del procedimento elettorale in modo da assicurare in ogni caso la quota di un terzo degli eletti per il genere meno rappresentato), il TAR Lazio ha ritenuto la disposizione in contrasto con la disposizione di cui all'art. 28, comma 2, della legge n. 247/2012, interpretata in senso conforme alla Costituzione, nella misura in cui legittimava un’alterazione ex post del risultato elettorale al fine di ristabilire l’equilibrio fra i generi.

La sentenza della Quarta Sezione del Consiglio di Stato 28 luglio 2016 n. 3414 è consultabile sul sito della Giustizia Amministrativa.



Il TAR Lombardia, Milano, in tema di procedimento per l’approvazione del PGT precisa che:

  • le disposizioni regionali che regolano il procedimento e la tempistica di approvazione del PGT devono essere interpretate in modo da garantire l’osservanza dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e buon andamento della pubblica amministrazione (articoli 3 e 97 della Costituzione), nonché devono assicurare l’esigenza che la legge regionale si attenga ai principi fondamentali desumibili dalla legge statale (articolo 117, terzo comma, della Costituzione), la quale stabilisce l’efficacia a tempo indeterminato della delibera di adozione del piano, fissando unicamente i termini di efficacia delle correlate misure di salvaguardia, peraltro di durata pluriennale (articolo 12 del d.P.R. n. 380 del 2001); pertanto, tra le possibili interpretazioni, consentite dal tenore letterale della previsione normativa di cui all'art. 13,comma 7, della legge regionale n. 12 del 2005 deve privilegiarsi quella che attribuisce al termine per l’approvazione finale del piano natura ordinatoria, ponendo la sanzione dell’inefficacia in correlazione con la mancata valutazione delle osservazioni pervenute;
  • l’art. 13, comma 14-bis, della legge regionale n. 12 del 2005 stabilisce che i Comuni possono procedere alla correzione di errori materiali e a rettifiche degli atti di PGT, non costituenti variante agli stessi; tale disposizione non sembra applicabile soltanto alla fase successiva all'approvazione definitiva del Piano, ma pare riferibile a tutto il procedimento, anche anteriore, riguardo alle fasi di adozione e approvazione, atteso che la correzione o la rettifica deve essere tempestivamente effettuata sia per garantire il buon andamento dell’attività amministrativa, sia per evitare che le fasi successive risultino inficiate dalla presenza di pregressi errori non eliminati, seppure già individuati.


La sentenza della Sezione Seconda del TAR Lombardia, Milano, n. 1437 del 19 luglio 2016 è consultabile sul sito della Giustizia Amministrativa.


Sulla G.U.U.E. C 270 del 25 luglio 2016 è stato pubblicato l’avviso di una nuova decisione della Corte di Giustizia UE avente ad oggetto il contributo unificato: si tratta dell’ordinanza della Nona Sezione del 7 aprile 2016, emessa su domanda di pronuncia pregiudiziale del TRGA di Trento, che richiamando quanto già deciso nella nota decisione della Quinta Sezione del 6 ottobre 2015 (causa C-61/14), ha così statuito:
L’articolo 1 della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, nonché i principi di equivalenza e di effettività devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale che prescrive il versamento di tributi giudiziari, come il contributo unificato oggetto del procedimento principale, all'atto della proposizione di un ricorso in materia di appalti pubblici dinanzi ai giudici amministrativi”.

Il testo dell’ordinanza della Corte di Giustizia UE, Nona Sezione, del 7 aprile 2016 (causa C495/14) è consultabile sul sito della Corte di Giustizia.


La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 189 del 20 luglio 2016, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale di alcune disposizioni legislative della Regione Sardegna ribadisce che la legislazione regionale non può prevedere una procedura per l’autorizzazione paesaggistica diversa da quella dettata dalla legislazione statale, perché alle Regioni non è consentito introdurre deroghe agli istituti di protezione ambientale che dettano una disciplina uniforme, valevole su tutto il territorio nazionale, nel cui ambito deve essere annoverata l’autorizzazione paesaggistica.
Una disposizione legislativa, nel qualificare come paesaggisticamente irrilevanti taluni interventi nelle aziende ricettive all’area aperta, consente che essi vengano posti in essere a prescindere dall’autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146 del codice dei beni culturali e del paesaggio, la quale è norma di grande riforma economico-sociale adottata nell’ambito della competenza esclusiva statale nella materia «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Costituzione; conseguentemente, la norma si pone in contrasto con il richiamato art. 146, oltre che con l’art. 149 del medesimo Codice dei beni culturali e del paesaggio, che individua tassativamente le tipologie di interventi in aree vincolate realizzabili anche in assenza di autorizzazione paesaggistica, e con l’Allegato 1 del d.P.R n. 139 del 2010, che reca un elenco tassativo degli interventi di «lieve entità», assoggettati a procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica.

La sentenza della Corte Costituzionale n. 189 del 20 luglio 2016 è consultabile sul sito della Corte Costituzionale.



La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 185 del 20 luglio 2016, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale di alcune disposizioni legislative della Regione Molise ribadisce che:

  • la disciplina delle distanze minime tra costruzioni rientra nella materia dell’ordinamento civile e, quindi, attiene alla competenza legislativa statale; alle Regioni è consentito fissare limiti in deroga alle distanze minime stabilite nelle normative statali, solo a condizione che la deroga sia giustificata dall'esigenza di soddisfare interessi pubblici legati al governo del territorio; dunque, se da un lato non può essere del tutto esclusa una competenza legislativa regionale relativa alle distanze tra gli edifici, dall'altro essa, interferendo con l’ordinamento civile, è rigorosamente circoscritta dal suo scopo (il governo del territorio) che ne detta anche le modalità di esercizio; 
  • nella delimitazione dei rispettivi ambiti di competenza (statale in materia di ordinamento civile e concorrente in materia di governo del territorio), il punto di equilibrio è stato rinvenuto nell'ultimo comma dell’art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, dotato di efficacia precettiva e inderogabile, che ammette distanze inferiori a quelle stabilite dalla normativa statale, ma solo “nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche”;
  • deroghe all'ordinamento civile delle distanze tra edifici sono consentite se inserite in strumenti urbanistici, funzionali a conformare un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio; 
  • l’art. 30, comma 1, 0a), del decreto-legge 21 giugno 2013 n. 69, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 9 agosto 2013 n. 98, che ha introdotto l’art. 2-bis del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, recepisce la giurisprudenza della Corte Costituzionale, inserendo nel testo unico sull'edilizia i principi fondamentali della vincolatività, anche per le Regioni e le Province autonome, delle distanze legali stabilite dal d.m. n. 1444 del 1968 e dell’ammissibilità delle deroghe solo a condizione che siano "inserite in strumenti urbanistici, funzionali a conformare un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio".

La sentenza della Corte Costituzionale n. 185 del 20 luglio 2016 è consultabile sul sito della Corte Costituzionale.


Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in materia di rinnovazione della notifica di un ricorso per cassazione non andata a buon fine, hanno statuito il seguente principio di diritto:
La parte che ha richiesto la notifica, nell'ipotesi in cui non sia andata a buon fine per ragioni a lei non imputabili, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, deve attivarsi con immediatezza per riprendere il processo notificatorio e deve svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento. Questi requisiti di immediatezza e tempestività non possono ritenersi sussistenti qualora sia stato superato il limite di tempo pari alla metà di termini indicati nell’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data rigorosa prova."

La sentenza n. 14594 del 15 luglio 2016 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione è consultabile sul sito della Corte di Cassazione.


Il Consiglio di Stato, in occasione del primo dei quesiti riguardanti l’attuazione della riforma di cui alla legge n. 124 del 2015, su richiesta della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ufficio legislativo del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, ha reso il parere in ordine all’articolo 17-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, introdotto dall'articolo 3 della legge 7 agosto 2015, n. 124.
Il quesito della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha per oggetto l’ambito di applicazione soggettivo del nuovo istituto, l’ambito di applicazione oggettivo, i rapporti con la conferenza di servizi, le modalità di formazione del silenzio-assenso e l’esercizio del potere di autotutela dopo la formazione del silenzio-assenso (prima e dopo l’adozione del provvedimento finale).

Il parere del Consiglio di Stato n. 1640 del 13 luglio 2016 (adunanza della commissione speciale del 23 giugno 2016) è consultabile sul sito della Giustizia Amministrativa.


La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 178 del 15 luglio 2016, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 10, comma 1, della legge della Regione Marche 13 aprile 2015 n. 16, nella parte in cui modifica l’art. 35 della legge regionale  4 dicembre 2014 n. 33,  precisa che:

  • in tema di disciplina delle distanze fra costruzioni, il “punto di equilibrio” – tra gli ambiti di competenza, rispettivamente, “esclusiva”, dello Stato (in ragione dell’attinenza di detta disciplina alla materia «ordinamento civile») e, “concorrente”, della Regione, nella materia «governo del territorio» (per il profilo della insistenza dei fabbricati su territori che possono avere, rispetto ad altri, specifiche caratteristiche, anche naturali o storiche) – si rinviene nel principio, estraibile dall'ultimo comma dell’art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968 (dotato di efficacia precettiva e inderogabile), per cui sono ammesse distanze inferiori a quelle stabilite dalla normativa statale, ma solo «nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche»;
  • tale principio è stato sostanzialmente poi recepito dal legislatore statale con l’art. 30, comma 1, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, che ha inserito, dopo l’art. 2 del d.P.R. n. 380 del 2001, l’art. 2-bis, a norma del quale «Ferma restando la competenza statale in materia di ordinamento civile con riferimento al diritto di proprietà e alle connesse norme del codice civile e alle disposizioni integrative, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono prevedere, con proprie leggi e regolamenti, disposizioni derogatorie al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e possono dettare disposizioni sugli spazi da destinare agli insediamenti residenziali, a quelli produttivi, a quelli riservati alle attività collettive, al verde e ai parcheggi, nell'ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto complessivo e unitario o di specifiche aree territoriali». 
  • la legislazione regionale che interviene sulle distanze, interferendo con l’ordinamento civile, è legittima solo in quanto persegua chiaramente finalità di carattere urbanistico, demandando l’operatività dei suoi precetti a strumenti urbanistici funzionali ad un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio; diversamente, le norme regionali che, disciplinando le distanze tra edifici, esulino, invece, da tali finalità, risultano invasive della materia «ordinamento civile», riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.

La sentenza della Corte Costituzionale n. 178 del 15 luglio 2016 è consultabile sul sito della Corte Costituzionale.


La Corte di Giustizia UE, con la sentenza della Sezione Quinta del 14 luglio 2016 (cause C-458/14 e C-67/15) ha statuito che:
"1) L’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che osta a una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati.
2) L’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che consente una proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche in essere per attività turistico ricreative, nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo".


Sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n. 162 del 13 luglio 2016, sono stati pubblicati:

  • il decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 126 “Attuazione della delega in materia di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), a norma dell'articolo 5 della legge 7 agosto 2015, n. 124”;
  • il decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 127  “Norme per il riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi, in attuazione dell'articolo 2 della legge 7 agosto 2015, n. 124”.



Il Consiglio di Stato precisa che nelle procedure di evidenza pubblica il c.d. falso innocuo è istituto insussistente atteso che, in dette procedure, la completezza delle dichiarazioni è già di per sé un valore da perseguire perché consente, anche in ossequio al principio di buon andamento dell'amministrazione e di proporzionalità, la celere decisione in ordine all'ammissione dell'operatore economico alla selezione; pertanto, una dichiarazione che è inaffidabile perché, al di là dell'elemento soggettivo sottostante, è falsa o incompleta deve ritenersi già di per sé stessa lesiva degli interessi considerati dalla norma, a prescindere dal fatto che l'impresa meriti sostanzialmente di partecipare; del resto, l'intero sistema della disciplina delle procedure di evidenza pubblica poggia sulla presentazione, da parte delle imprese concorrenti, di dichiarazioni sostitutive che le vincolano in base all'elementare principio dell'autoresponsabilità e che devono essere rese con diligenza e veridicità.

La sentenza della Sezione Quarta del Consiglio di Stato n. 3014 del 7 luglio 2016 è consultabile sul sito della Giustizia Amministrativa.


Sul B.U.R.L., Supplemento n. 28 del 12 luglio 2016, è stata pubblicata la legge regionale 8 luglio 2016 n. 16, che disciplina i soggetti, i servizi e gli strumenti del sistema regionale dei servizi abitativi al fine di soddisfare il fabbisogno abitativo primario e di ridurre il disagio abitativo dei nuclei familiari, nonché di particolari categorie sociali in condizioni di svantaggio.


La Corte di Giustizia UE, con riferimento a una procedura avviata da un ente pubblico tedesco (Cassa di assicurazioni malattia) e finalizzata alla conclusione di convenzioni di sconto sul prezzo di un determinato medicinale, da stipulare con tutte le società interessate in possesso dei requisiti d’ammissione, ha così statuito: 
L’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, deve essere interpretato nel senso che non costituisce un appalto pubblico, ai sensi di tale direttiva, un sistema di convenzioni, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, attraverso il quale un ente pubblico intende acquistare beni sul mercato contrattando, per tutto il periodo di validità di tale sistema, con qualsiasi operatore economico che si impegni a fornire i beni in questione a condizioni predefinite, senza operare alcuna scelta tra gli operatori interessati e permettendo a questi di aderire a detto sistema per tutto il periodo di validità dello stesso.
Nei limiti in cui l’oggetto di una procedura di ammissione a un sistema di convenzioni, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, presenti un interesse transfrontaliero certo, essa deve essere concepita e organizzata conformemente alle norme fondamentali del Trattato FUE, e in particolare ai principi di non discriminazione e di parità di trattamento tra operatori economici, nonché all'obbligo di trasparenza che ne deriva”.

Il testo della sentenza della Corte di Giustizia UE, Quinta Sezione, del 2 giugno 2016 (causa C-410/14) è consultabile sul sito della Corte di Giustizia UE.



L'assemblea dei delegati dell'Unione Nazionale degli Avvocati Ammnistrativisti, tenutasi il 3 luglio 2016 in occasione del Congresso Nazionale svoltosi a Genova il 2/3 luglio 2016, ha approvato la seguente mozione in materia di affidamento di incarichi legali da parte della Pubblica Amministrazione.



Il Consiglio di Stato, esaminando la legittimità di un diniego di rilascio di una autorizzazione integrata ambientale per l’ampliamento di una discarica, emesso all'esito di un procedimento nel quale è integrata la procedura di valutazione di impatto ambientale, precisa che:

  • la valutazione di impatto ambientale ha il fine di sensibilizzare l’autorità decidente, attraverso l’apporto di elementi tecnico–scientifici idonei ad evidenziare le ricadute sull'ambiente derivanti dalla realizzazione di una determinata opera, a salvaguardia dell’habitat; essa non si limita a una generica verifica di natura tecnica circa l’astratta compatibilità ambientale, ma implica una complessiva e approfondita analisi di tutti gli elementi incidenti sull'ambiente del progetto unitariamente considerato, per valutare in concreto il sacrificio imposto all'ambiente rispetto all'utilità socio–economica perseguita;
  • poiché il procedimento per la valutazione d'impatto ambientale e quello per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale sono preordinati ad accertamenti diversi ed autonomi (e possano avere quindi un'autonoma efficacia lesiva, che consente l'impugnazione separata dei rispettivi provvedimenti conclusivi), ben potrebbe essere negata l’autorizzazione integrata ambientale anche in presenza di una valutazione di impatto ambientale positiva, poiché quest’ultima è di per sé idonea ad esprimere un giudizio definitivo sull'intervento proposto, mentre una valutazione di impatto ambientale negativa preclude il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale;
  • il diniego di rilascio di una autorizzazione integrata ambientale per l’ampliamento di una discarica (emesso all'esito di un procedimento nel quale è integrata la procedura di valutazione di impatto ambientale) risulta adeguatamente motivato per relationem, con riferimento alla totalità dei pareri negativi espressi dalle amministrazioni e uffici che si sono espressi nel corso del procedimento, non essendo richiesto direttamente dalla legge, né essendo altrimenti ragionevole pretendere un’autonoma valutazione di quei pareri da parte dell’amministrazione procedente per denegare la richiesta autorizzazione; invero, un’autonoma valutazione dei pareri sfavorevoli e dunque un particolare onere di motivazione del diniego, diversa ed ulteriore da quella per relationem, è necessaria solo se l’amministrazione procedente intende discostarsi da quei pareri sfavorevoli.

La sentenza della Sezione Quinta del Consiglio di Stato n. 3000 del 6 luglio 2016 è consultabile sul sito della Giustizia Amministrativa.



Il TAR Emilia Romagna. Bologna, precisa che il motivo per cui il proprietario è contemplato tra i destinatari dell’ordine di demolizione ex art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001, pur in assenza di ogni coinvolgimento nella realizzazione delle opere non autorizzate, sta nel fatto che la legge pone a suo carico non una responsabilità (che sarebbe oggettiva e, come tale, contraria ai principi dell’ordinamento), ma un obbligo di cooperazione nella rimozione delle opere abusive, il cui contenuto dipende dalle singole fattispecie: ove il proprietario non abbia riacquistato la detenzione del fondo non potrà materialmente provvedere alla demolizione delle opere ivi insistenti, ma solo diffidare il conduttore al ripristino dello status quo ante; diversamente, qualora egli al momento della notifica dell’ordinanza che ingiunge la demolizione abbia riacquistato la materiale disponibilità dell’area dovrà farsi carico della demolizione delle opere, con possibilità di rivalsa sui responsabili in base ai principi civilistici.

La sentenza della Sezione Seconda del TAR Emilia Romagna, Bologna, n. 613 del 21 giugno 2016 è consultabile sul sito della Giustizia Amministrativa.


Si terrà al Castello di Rivalta (Piacenza) il 22 e 23 settembre 2016 la prima Scuola d’estate per l’avvocatura di diritto amministrativo dedicata al tema “Pubblica amministrazione e risarcimento del danno”.
L’iniziativa formativa è organizzata in collaborazione tra la Società Avvocati Amministrativisti dell’Emilia-Romagna (SAAER), aderente all'Unione Nazionale degli Avvocati Amministrativisti,  e l’Unione Nazionale Avvocati degli Enti Pubblici (UNAEP).
Il numero dei partecipanti è previsto in misura non superiore a cento, tenuto conto della capienza della struttura e volendo privilegiare il coinvolgimento attivo dei partecipanti.
Maggiori informazioni sono disponibili accedendo al sito web dedicato all'evento (www.dannipa.unioneamministrativisti.it).



Si informa che l'Associazione Giudici Amministrativi Tedeschi Italiani Francesi - AGATIF ha organizzato per l’11 luglio 2016 presso il TAR Lombardia, Milano, via Corridoni n. 39, un convegno con titolo “La sentenza della Corte di giustizia UE 5 aprile 2016, causa C-689/13 sul rapporto tra ricorso incidentale e ricorso principale nel contenzioso appalti e le relative ricadute sull’ordinamento nazionale, anche alla luce delle novità di cui al Dlgs 50/2016”.

Il convegno è in corso di accreditamento presso l’Ordine degli Avvocati di Milano e la partecipazione è gratuita. Le modalità di iscrizione sono contenute nella locandina.



Con decreto legge 30 giugno 2016, n. 117 “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative in materia di processo amministrativo telematico”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 151 del 30 giugno 2016, l’avvio del processo amministrativo telematico di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 16 febbraio  2016 n. 40 è stato differito al 1° gennaio 2017.