L'annullamento in sede di autotutela di un titolo edilizio non determina di per sè una responsabilità dell'Amministrazione sotto il profilo risarcitorio.

L'illegittimità del provvedimento amministrativo, una volta accertata, costituisce infatti solo uno degli indici presuntivi della colpevolezza, a valutare la quale vanno presi in considerazione anche altri fattori, quali "il grado di chiarezza della normativa applicabile, la semplicità del fatto, il carattere pacifico della questione esaminata, il carattere vincolato o a bassa discrezionalità dell'azione amministrativa".

Sostenere il contrario, significherebbe - per usare le parole dei giudici di Palazzo Spada - "tendere la responsabilità della P.A. sino a lambire i confini della responsabilità oggettiva e dunque contraddire le premesse di ordine generale da cui si è inteso muovere".

Al di là della sinteticità con cui il Consiglio di Stato argomenta la propria decisione, questo è l'elemento più interessante della sentenza, che tenta di riportare su binari più tradizionali la discussione sulla responsabilità della Pubblica Amministrazione da atto lecito (cfr. Cons. di Stato n. 689/2012).

La decisione 6 dicembre 2013, n.5823 della sezione IV del Consiglio di Stato è disponibibile sul sito della Giustizia Amministrativa a questo indirizzo.


La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una norma della Regione autonoma Valle d’Aosta, la quale dispone, con riferimento al ciclo integrato dei rifiuti solidi urbani e dei rifiuti speciali non pericolosi, un divieto generale di realizzazione e utilizzazione sull’intero territorio regionale di impianti di trattamento a caldo per lo smaltimento dei rifiuti (quali incenerimento, termovalorizzazione, pirolisi o gassificazione).
La Corte, dopo aver precisato che la disciplina della gestione dei rifiuti rientra nella materia «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» riservata alla competenza esclusiva dello Stato, osserva che la norma regionale impugnata preclude allo Stato, con procedure difformi da quelle disposte dalla normativa statale, di individuare impianti di preminente interesse nazionale con la tecnica del trattamento a caldo dei rifiuti nell’intera Regione autonoma Valle d’Aosta, impedendo la realizzazione delle finalità di riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale, indicate dalla normativa statale.
Ribadisce, infine, la Corte che la comprensibile spinta, spesso presente a livello locale, ad ostacolare insediamenti che gravino il rispettivo territorio degli oneri connessi (secondo il noto detto “not in my back-yard”), non può tradursi in un impedimento insormontabile alla realizzazione di impianti necessari per una corretta gestione del territorio e degli insediamenti al servizio di interessi di rilievo ultraregionale.
La sentenza n. 285 del 2 dicembre 2013 è consultabile sul sito della Corte Costituzionale al seguente indirizzo.